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Renzi, due siluri per Letta e Napolitano

Sulla legge elettorale annuncia il blitz temuto dal premier: via il Porcellum. E boccia l'amnistia proposta dal Colle

Renzi, due siluri per Letta e Napolitano

Roma - Da Bari sono partiti ieri due colpi verso i Palazzi romani. Uno ha centrato Palazzo Chigi, l'altro deve aver fatto un certo rumore al Quirinale.
Perché Matteo Renzi, nel suo debutto da segretario in pectore del Pd, ha detto due «no» belli chiari: il primo sulla legge elettorale, proponendo proprio quel genere di blitz paventato da Letta solo il giorno prima; il secondo sulla richiesta di indulo e amnistia di Napolitano. Il primo è un colpo politico netto, sparato a viso aperto in difesa del bipolarismo e contro le «ammucchiate» (leggi larghe intese); il secondo è una concessione più demagogica alla pancia dell'elettorato, con un occhio ai sondaggi, ma certo al Quirinale non deve esser piaciuto sentir definire «un clamoroso autogol» l'invito a varare un provvedimento di clemenza che decongestioni le infernali carceri italiane. Certo, premette Renzi, «ho grande rispetto per il capo dello Stato», ma poi «come facciamo a insegnare la legalità ai giovani se ogni sei anni buttiamo fuori i detenuti perché le prigioni scoppiano?». Riconosce che il problema esiste, che c'è «un uso eccessivo della carcerazione preventiva», che vanno modificate alcune leggi che producono sovraffollamento come quella sulle droghe e la Bossi-Fini («E allora perché non hai sostenuto i nostri referendum in materia?», gli chiede il segretario dei Radicali Mario Staderini). Ma contro indulto e amnistia alza le barricate.

Ma è sulla legge elettorale il vero affondo politico con cui Letta e la sua «strana maggioranza» dovranno fare conti in un futuro molto prossimo. Perché Renzi non solo assicura che il «suo» Pd sarà la «sentinella del bipolarismo, perché ci siano un centrosinistra e un centrodestra che si confrontano, e non un'ammucchiata», ma annuncia anche una precisa road map destinata a entrare in rotta di collisione con i piani del governo. «Ci sono giochini in corso - denuncia - ci si immagina un grande accordo che continua, voi votate e poi noi ci mettiamo d'accordo». E allora, spiega, «il giorno dopo le primarie di dicembre, faremo una nostra proposta, che io chiamo del “sindaco d'Italia”, e chiederemo che venga incardinata in Parlamento». Non al Senato, però, dove è in corso il tentativo di intesa con Pdl e grillini su un Porcellum un po' corretto, bensì alla Camera, «dove ci sono già i numeri, con Sel e Scelta Civica, per approvarla». Roberto Giachetti, il vicepresidente della Camera, renziano della prima ora, che digiuna contro il Porcellum e per il quale Renzi, dal palco di Bari, chiama l'applauso, è netto: «È una proposta esplosiva: se Sel e Sc ci stanno, e probabilmente ci staranno, la legge elettorale si sblocca subito e archiviamo il Porcellum. Se invece la vincoliamo all'intesa dentro la maggioranza, uscirà fuori solo un Porcellinum che ci costringe a larghe intese per i prossimi decenni».

Certo, al governo non farà sconti ma neanche trabocchetti, assicura: «Se fa cose utili saremo al suo fianco». Ma tira un bel siluro a quell'«establishment» filo-Letta che «ha fallito quanto la politica» e che «fa bene ad aver paura di noi».
Parla già da segretario, che vuole «cambiare verso», a un partito che «è passato in pochi anni da 800mila a 250mila iscritti», che «è il primo solo tra pensionati e pubblico impiego». Perché «se il Pd continua come è ora, non vince, e un partito che non vince mai non serve». E avverte: «Sul carro del vincitore non si sale.

Si spinge».

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