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RENZI NON E IMBATTIBILE I grillini nei ballottaggi danno una mano alla sinistra

I partiti sono, con rispetto parlando, come i salami: a forza di affettarli si esauriscono. Ne sa qualcosa il cosiddetto centrodestra, che era un salamone. Il primo ad accorciarlo mangiandosene una fetta fu Pier Ferdinando Casini, rivendicando il diritto di mettersi in proprio allo scopo di dimostrare a se stesso di avere buoni denti e a Silvio Berlusconi di non essere il proprietario dell'intero insaccato.
Poi venne il momento di Gianfranco Fini. Il quale, ricevuta l'offerta di entrare nel neonato Pdl, si scompisciò dalle risate. Questa storia del partitone unico ideato (...)

(...) dal Cavaliere è degna di Ridolini, disse l'erede di Giorgio Almirante, abile gestore dei rimasugli fascisti. Trascorrono alcune settimane e il presidente di Alleanza nazionale torna sui suoi passi: si dimentica del giudizio negativo sulla proposta di Silvio («ormai siamo alle comiche finali») e acconsente entusiasticamente di entrare nel nuovo caravanserraglio, ricoprendo il ruolo di vicecomandante.
Quando il Pdl stravince le elezioni del 2008, si capisce perché Fini, nonostante gli iniziali tentennamenti, con un doppio salto mortale avesse mutato opinione accettando il matrimonio con Berlusconi: egli fu infatti eletto presidente della Camera, terza carica dello Stato. Per qualche mese, appagato dalla poltrona avuta in dono, Gianfranco si comportò in modo esemplare, osservando la disciplina di schieramento, quello di maggioranza.
Ma a lungo andare non resistette all'attrazione fatale per il salame: il desiderio di papparsene una fetta gli toglieva la pace. Cosicché Fini ne assaggiò un pezzo piccolo e si ficcò in testa che fosse legittimo prendere tutto il bottino, sottraendolo al padrone del salumificio. Ordì un piano di battaglia: disturbo il manovratore, poi lo attacco, critico la linea di governo, delegittimo il premier, lo rendo debole e ridicolo e gli soffio il salame. Egli agì in modo scoperto e qualcuno intuì le sue intenzioni. A quel punto scoppiò la grana e sappiamo con quale esito. Il presidente della Camera, convinto di essersi guadagnato l'appoggio della sinistra oltre a quello dei propri sodali, sferrò una coltellata alla soppressa «rubandone» un bel tocco. Fu sommerso da applausi da parte dell'opposizione, che lo illuse di aver stravinto. Egli pensò: fondo il Fli, la maggioranza si assottiglia e Berlusconi cade come uomo morto cade.
Col cavolo. I conti erano sbagliati, di poco ma sbagliati. Il Cavaliere rimase in bilico, però in piedi, sia pure col salame ormai quasi dimezzato. Successivamente, il centrodestra entrò in crisi. Ne approfittò Mario Monti, manovrato da Giorgio Napolitano e aiutanti vari, per irrompere a Palazzo Chigi. Sembrava che il professore bocconiano fosse il messia, il salvatore. Un anno dopo era già fuori gioco, sfottuto dagli stessi che lo avevano glorificato, lui e il suo loden. Una parentesi penosa nella storia-barzelletta della nostra Repubblichetta sfondata dalla mancanza di lavoro e dall'incapacità di eseguirlo in base alle esigenze di mercato.
Si torna a votare nel febbraio del 2013. Dalle urne esce un pasticcio amaro. Siamo all'ingovernabilità, con Beppe Grillo al 25 per cento. Forza Italia poco sotto e il Pd impossibilitato a formare una decente maggioranza. Che fare? Larghe intese e larghissime pretese, talmente larghe che si sfilacciano: Enrico Letta è catapultato a Palazzo Chigi dove la sua permanenza è breve quanto un sospiro. Nel centrodestra tuttavia il problema resta il salame già decurtato da Casini e da Fini, ma che fa gola anche ad Angelino Alfano. Il quale ha la presunzione di divorarselo tutto, abbandonando il proprio mentore Silvio e accusandolo di essere stato abbacinato da falchi e altri uccellacci del malaugurio. Pretesti.
L'obiettivo - ripetiamo - è il salame. E giù un'altra fetta da spartirsi fra gli affamati di potere del Ncd, una sigla sfigata che ricorda la marca di un registratore di cassa (da morto). Le disavventure nella salsamenteria di Arcore non sono ancora concluse. Coltellaccio alla mano, perfino quelli di Fratelli d'Italia, capitanati da Giorgia Meloni, si cimentano nel taglio del salame: e via un'altra fetta. Il pizzicagnolo, la cui bottega è stata devastata anche dalla giustizia famelica, non molla il cassetto a scapito del sopraccitato salame, sempre più corto, sempre più vicino al culo. Che è la parte più buona, ma non basta a vincere le elezioni.
Non ci crederete ma anche il culo stimola gli appetiti dei golosi. Tra costoro - si dice, ma non ci credo - sembra esserci Raffaele Fitto, che starebbe già affilando un paio di lame allo scopo di assicurarsi una porzione di salame, prima che sia troppo tardi. Vero o no che sia, siamo avviliti e preoccupati. Una fetta a Casini, una a Fini, una ad Alfano, una alla Meloni (e soci).

Se adesso ne piglia una anche Fitto, il gustoso salume finisce e con esso tutti voi, papponi della galera.

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