Politica

Renzi si toglie la giacca e gli rinfaccia tutti i flop

Dal conflitto di interessi alla riforma delle pensioni, punta sugli errori della sinistra quand'era al governo

Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi a Rai Uno
Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi a Rai Uno

Roma - Senza giacca. Camicia bianca e cravatta blu, come Obama quando gioca a pallacanestro. Nessun segno di tensione, un micro panino ingoiato appena entrato nella sala vip. Tanti «ciao» e «cinque» battuti con la mano per tutti. Matteo Renzi inizia il confronto televisivo con lo sfidante Bersani a destra degli spettatori. Risponde per primo alle domande di Monica Maggioni. Tutto è stato deciso per sorteggio, testa o croce. Toccherà a lui l'appello finale.
Il sindaco punta alla critica del centrosinistra del passato: nei confronti degli italiani «abbiamo qualcosa da farci perdonare». Punzecchia Bersani sul fatto che «abbiamo» (inteso come centrosinistra vecchio) «mandato Equitalia dagli artigiani. Abbiamo colpito il piccolo e non il pesce grosso». Lo porta alla replica ripetutamente. Bersani è più forte, ma Renzi si gioca tutte le cartucce. Sottolinea quello che ha fatto a Firenze, rivendica di non essere solo «un giamburrasca»: «Nel mio piccolo ho ridotto la pressione fiscale. Ho portato l'Irpef dallo 0,3 allo 0,2». Critica la politica industriale degli anni di governo del centrosinistra, e poi concede a Bersani quelle sue usuali cortesie, o furberie, che distruggono lo sfidante: «Ne parleremo davanti a una birra». Ma lo prende in giro con sorriso da cabaret quando il segretario cita la democrazia dell'antichità: «Passare da Pericle a Fiorito...». Oppure lo definisce «esperto di pompe bianche», alludendo alla sua legge sulle liberalizzazioni da ministro. E però è lui, Renzi, ad abbracciarlo per primo, alla fine dell'incalzante confronto. A microfoni spenti dirà ai giornalisti: «Non l'ho stracciato, ma ho vinto 3-1...».
Corregge Bersani sulle nuove norme di finanziamento ai partiti: «Non devono essere dimezzati, ma aboliti». Oppure, al capitolo pensioni, «aver abolito lo scalone nel 2007 ci ha fatto spendere 9 miliardi di euro», tutti persi per il sociale. Ricorda al segretario: «Tu sei stato al governo 2.547 giorni». Scherzando sui simboli della sinistra: «Abbiamo finito tutti gli alberi ma non abbiamo cambiato il Paese».
Cerca di portare concetti nuovi in ogni piega del discorso. Le prime tre cose che farebbe da premier: «Lavoro come riforme delle regole, troppi articoli nel codice. Abolire il potere dei burocrati. E un piano dell'innovazione per il digitale». Nessuna apertura all'Udc. E se poi «nel pacchetto Casini si porta anche Fini...». Contesta l'avversario sulla visione del conflitto mediorientale: il problema centrale «è l'Iran». Propone il recupero di 21 miliardi dal gioco di azzardo, annunciando «100 euro netti al mese a quelli che guadagnano meno di 1.000 euro». La ricetta è «rimettere in tasca i soldi al ceto medio». Sul sud: «Non c'è un problema sud, c'è un problema Italia. E sono contento di perdere le primarie se non riesco a convincere il sud che è l'ora della scossa». Se vince Bersani «sosterrò il suo programma».

E a fine confronto rivela: «Ho avuto molte offerte, anche dal centrodestra, se avessi voluto le avrei accettate».

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