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Renzi tradisce i patti col Cav: il Pd vuole cambiare l'Italicum

Il Pd cambia le carte in tavola. È braccio di ferro sul nodo Lauricella che lega l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del Senato. Contatti tra Renzi e Verdini

Renzi tradisce i patti col Cav: il Pd vuole cambiare l'Italicum

Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, li chiama emendamenti "campa cavallo" o "Penelope". E avverte che se non dovessero venire ritirati al più presto, l’accordo tra il premier Matteo Renzi e Silvio Berlusconi verrebbe a cadere immediatamente. "E la responsabilità - avverte - ricadrà tutta sul premier". All'ex ministro, però, ribatte "Penelope" in persona, e cioè il piddì Giuseppe Lauricella facendo sapere di non avere la minima intenzione di ritirare l'emendamento che, di fatto, cambia le carte in tavola e mette a rischio l'intesa bipartisan sulle riforme. Il nodo Lauricella, finito nelle ultime ore al centro del braccio di ferro tra democrat e azzurri, lega infatti l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del Senato.

Matteo Renzi e Denis Verdini avrebbero parlato in queste ore della "grana" elettorale per cercare di trovare una soluzione che eviti passi falsi alla Camera dove l'Italicum approderà già domani. I nodi, però, non sembrano affatto sciolti. "Una qualche forma di collegamento tra la legge elettorale e la riforma del Senato andrà trovata e che della questione il premier avrebbe parlato oggi con Forza Italia", spiega un renziano che siedde tra i banchi del governo. Un primo colloquio, confermano fonti azzurre, ci sarebbe già stato e non sarebbe stato affatto rassicurante per Silvio Berlusconi: "Renzi ha spiegato che farà in modo di rispettare il patto, ma vuole anche fare dei passi verso la minoranza Pd e verso Ncd che hanno posto il problema".

In casa democratica si è saldato un fronte che comprende lettiani, bersaniani, giovani turchi e varie altre anime del partito. Lo scorso venerdì il senatore Francesco Russo, lettiano doc, ha promosso un documento firmato da 25 senatori proprio per chiedere che la riforma elettorale e quella del Senato vengano "legate" per evitare di offrire a Berlusconi (ma di fatto allo stesso Renzi) la possibilità di tornare al voto subito dopo la riforma elettorale senza aspettare il superamento del bicameralismo. Un tema già sollevato dall’emendamento Lauricella che chiedeva appunto di vincolare l’entrata in vigore della nuova normativa appunto alla riforma del Senato. Il bersaniano Alfredo D’Attorre ha, poi, proposto una variante di questa modifica: approvare l’Italicum solo per la Camera dei deputati. "Ho presentato il mio emendamento per superare la contrarietà a quello Lauricella - spiegava D'Attorre - se dicono no anche a questo, vengono dei dubbi sul fatto che davvero ci sia l’impegno a fare anche la riforma del Senato. Rispetto al patto con Verdini è cambiato tutto, c’è una novità politica enorme: un nuovo governo. È inevitabile che si parta dalla maggioranza che sostiene il governo. Ed è Angelino Alfano a sostenere che durante il colloquio con Renzi gli è stata data assicurazione sull’accoglimento dell’emendamento Lauricella". Impossibile, secondo D’Attorre, correre il rischio di ritrovarsi con due ballottaggi diversi, uno alla Camera e uno al Senato, che producono magari due vincitori diversi. Ma D’Attorre va anche oltre: "Per me è chiaro che se salta la riforma del Senato si deve anche rivedere la riforma elettorale, l’Italicum non andrebbe più bene". Una postilla molto importante perché significherebbe piazzare una bomba a orologeria sotto al patto Renzi-Verdini.

Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, Renzi punta a trovare una mediazione. "Magari se non la proposta D’Attorre - spiegano - una formula che sostanzialmente posticipi l’entrata in vigore dell’Italicum ad una certa data, magari ai 18 mesi che si era dato Enrico Letta per completare le riforme o giù di lì...". In pratica, sarebbe un modo per assicurare che non si torna al voto prima del 2015, ma questo difficilmente basterà a Pd e Ncd. L'ipotesi avanzata da D'Attorre è stata subito appoggiata dall’Udc. "È indispensabile portare subito a casa i risultati - ha commentato Gianpiero D’Alia - approvarla in pochi giorni per la sola Camera dei deputati è un modo corretto di procedere, visto che l’accordo complessivo sulle riforme istituzionali prevede il superamento del Senato per come lo abbiamo inteso fino a oggi". L’ex ministro alla Pubblica amministrazione ha spiegato che "non si può pensare che lo spauracchio del voto anticipato possa condizionare ancora una volta un percorso riformista su cui si gioca la credibilità della politica e nel quale molti avrebbero la tentazione di lasciare tutto cosi com’è".

Ecco perché dalle parti di Forza Italia sono preoccupati.

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