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Rivolta dei Cosentinos contro il fango di un libro su di loro

La famiglia dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino contro il libro che racconta di loro parentele coi boss: "Sono tutte omonimie"

Rivolta dei Cosentinos  contro il fango di un libro su di loro

Roma - «Ci stanno trattando da criminali, ci stanno lapidando per rapporti inesistenti con Casalesi e non dovremmo nemmeno reagire? Siamo stanchi». Lo sfogo è di Palmiro Cosentino, fratello del parlamentare del Pdl Nicola, e arriva a corollario dell’ultimo caso «editorial-giudiziario», nato con lo sbarco in libreria de Il Casalese - ascesa e tramonto di un politico di Terra di Lavoro, opera a più mani sull’ex sottosegretario all’Economia. Un bavaglio alla libera stampa o un crogiuolo di errori diffamatori, come le tante asserite parentele dei Cosentino con i camorristi di Casal di Principe, frutto in realtà di «errori di stampa» dovuti a omonimie? Finora la famiglia del politico aveva parlato con gli atti giudiziari. Un altro fratello di Nicola, Giovanni, ha infatti querelato quattro dei nove autori chiedendo 1,2 milioni di euro di risarcimento, e ha fatto ricorso per ottenere il sequestro e la distruzione del libro. Gli autori, invece, gridano alla violazione della libertà di stampa. Un punto su cui Palmiro non riesce a essere d’accordo. E dice la sua, anche a nome dei suoi sei fratelli, punto per punto sulle pecche del libro che «con elementi falsi» denigrano e screditano la sua famiglia.

«Io non capisco proprio come si possa arrivare - spiega - a scrivere su un libro delle parentele con i boss di qualcuno senza prima documentarsi. Hanno confuso me con un mio cugino, omonimo, marito di Alfonsina Schiavone, nipote di un boss dei Casalesi. Non sono io, quello, non sono “il genero del boss Ciacciariello” come invece afferma il volume, e uno degli autori del libro mi ha persino scritto una lettera per scusarsi dell’errore. Peccato che «Il Casalese» sia in libreria da novembre scorso, e solo ora arriva l’errata corrige, ma intanto la bufala resta lì in pagina, nero su bianco». «Noi - prosegue il fratello dell’ex sottosegretario - siamo una famiglia per bene, non abbiamo mai appoggiato criminali, non abbiamo un solo precedente penale, non abbiamo mai lavorato con il pubblico». L’unica «colpa», prosegue Palmiro Cosentino, è «essere finiti nel tritacarne mediatico quando nostro fratello Nicola è sceso in politica, e solo quando lo ha fatto schierandosi con il centrodestra, attenzione. Perché quando stava dall’altra parte nessuno l’ha toccato, nessun pentito ha mai fatto il suo nome».

Di fronte all’accusa, che rimbalza anche sui giornali, che la famiglia di Nicola Cosentino voglia solamente «bruciare» un libro scomodo per sbarazzarsene, l’ingegnere ringhia. «È zeppo di falsità diffamanti, non le abbiamo mica scritte noi. Altri esempi? C’è scritto che nostro padre ha sposato la zia di Francesco Schiavone, detto Sandokan, ma non è vero. Olga Schiavone, nostra madre, non era la zia del noto boss, c’è il certificato dello stato di famiglia a provarlo, nessuno dei suoi fratelli si chiamava Nicola, il nome del padre di Sandokan, eppure queste falsità sono finite in libreria. A pagina 127 si parla di Emilio Diana, genero di mio fratello, Aurelio, per scrivere che è finito arrestato in un’operazione anticamorra. Il fatto è vero, peccato che l’autore non abbia aggiunto che Diana è stato prosciolto e risarcito per ingiusta detenzione: era stato scambiato per un quasi omonimo, Elio, e lo dice l’ordinanza del riesame, non lo dico io. Come dovremmo difenderci se non togliendo dagli scaffali quel volume? Correggano gli errori e rimettano pure tutto in vendita, ma dopo anni che giornali, libri e tv ricoprono la mia famiglia di notizie false siamo stanchi».

Insomma, «altro che bavaglio alla stampa - conclude Palmiro - non è certamente di questo che si tratta. Noi rispettiamo il lavoro di tutti, però su questo punto vorrei sapere dal presidente dell’ordine dei giornalisti che cosa dovremmo fare, e vorrei anche sapere che cosa farebbe lui se fosse erroneamente descritto, in un libro, come imparentato a un boss della criminalità organizzata». Nessun passo indietro, dunque. I Cosentino non cambiano idea.

«Andremo avanti con le richieste di sequestro del libro e di risarcimento, e il ricavato delle querele che vinceremo verrà devoluto in beneficienza alle vittime della camorra».

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