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Saccomanni insiste per l'aliquota al 22%. Brunetta: «Così cade il governo»

RomaUnico dato certo: i contribuenti, a una settimana dalla data fatidica del primo ottobre, non sanno ancora se e quanto pagheranno beni e servizi. Perché a legislazione vigente, cioè se da Palazzo Chigi non uscirà un nuovo decreto, tra otto giorni l'aliquota ordinaria dell'Iva - quella applicata alla gran parte dei beni - passerà dal 21 al 22 per cento.
Il ministero dell'Economia resta dell'opinione che sarebbe bene lasciare tutto com'è e fare scattare la nuova imposta. In questo modo eviterebbe di trovare un miliardo per compensare le mancate entrate di questi ultimi tre mesi del 2013 e, soprattutto, eviterebbe di dovere trovare dal 2014 una copertura strutturale, cioè sempre valida, da quattro miliardi all'anno.
Al Consiglio dei ministri di venerdì Fabrizio Saccomanni si è presentato proponendo anche l'aumento delle accise. Oltre a quelle già previste come clausola di salvaguardia nel decreto Imu, principalmente su alcol e tabacchi, ha anche proposto l'aumento di quelle sulla benzina. Un rincaro che sull'economia reale avrebbe effetti uguali, se non peggiori, rispetto all'aumento dell'Iva. Proposta bocciata, politicamente. Ma che potrebbe rispuntare in questi giorni come copertura alternativa (quindi non da sommare) all'aumento dell'Iva. Magari con un tentativo di fare ricadere l'aumento solo sulle società petrolifere. Già nei giorni scorsi Assopetroli aveva protestato per l'ennesimo ritorno al «bancomat accise» e ha calcolato il possibile aumento fino a sei centesimi al litro.
Contro l'aumento dell'Iva si è fatta sentire Coldiretti, secondo la quale il salto al 22 per cento «avrebbe un effetto valanga sull'88 per cento della spesa degli italiani» e sarebbe un ulteriore colpo al settore alimentare.
Il dossier è ancora al ministero dell'Economia che deve trovare, oltre al miliardo dell'Iva, i 2,4 della seconda rata Imu, più un altro miliardo tra cassa integrazione e missioni militari all'estero e 1,6 miliardi per ridurre il deficit sotto la soglia del 3%. Si sta valutando un taglio lineare alla spesa pubblica, almeno per finanziare l'Iva. Ma anche un altro rinvio di un mese dell'aumento, in modo da avere chiaro il quadro di alcune entrate.
Sul fronte politico, la novità è il no all'aumento del Pd, che ieri il viceministro all'Economia Stefano Fassina ha declinato in versione sinistra: «Sarebbe opportuno che pagassero le fasce più ricche della popolazione». Poi c'è il ritorno del Pdl sui temi economici. «Siamo la sentinella anti tasse del governo e lavoriamo perché le tasse non aumentino e la prima tassa a non dover aumentare adesso è l'Iva», ha assicurato ieri il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Il capogruppo alla Camera Renato Brunetta ha confermato che «se Saccomanni non blocca l'aumento dell'Iva, non c'è più il governo».
Tra i fronti aperti per il governo c'è anche quello dell'Iva sulle cooperative sociali le cui attività (prestazioni a persone svantaggiate) sono passate dall'aliquota minima dell 4% all'11% per effetto di una legge del governo Monti.

Se non ci saranno correttivi, ha denunciato l'alleanza delle cooperative sociali, «in 500mila resteranno senza servizi e in 43mila senza lavoro».

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