Politica

La Santanchè alza il tiro: "Il Colle ha tradito il patto"

La deputata Pdl su Raiuno: "Ho votato Napolitano ma non lo rifarei, non c'è stata la pacificazione promessa". Partito diviso. E la sinistra chiede un'accusa per vilipendio

La deputata del Pdl Daniela Santanché con il vicepremier Angelino Alfano
La deputata del Pdl Daniela Santanché con il vicepremier Angelino Alfano

Roma - «In Italia ci sono dei traditori, il primo è il Pd perché è venuto meno ai patti. Poi c'è il presidente della Repubblica, che sta facendo il suo secondo mandato perché lo ha proposto Silvio Berlusconi ma la pacificazione di cui aveva parlato non c'è».
Con il consueto stile privo di perifrasi, Daniela Santanchè mette nel mirino Giorgio Napolitano e ospite dell'Arena su RaiUno, replica così alla domanda se consideri o meno Angelino Alfano un traditore. «Io ho votato per Napolitano ma oggi non lo voterei più perché la pacificazione promessa non c'e e ricordo che invece, quando vuole, il Presidente le strade le sa trovare. Ora deve mantenere la parola ed essere arbitro della Costituzione e non un giocatore». Una stoccata a cui fa seguito una riflessione sullo stato dei rapporti nel Pdl. «Tra me e Alfano ci sono visioni diverse», ma l'unità si può ricostruire «se tutti sono d'accordo sulla leadership di Berlusconi e se si azzerano gli incarichi».
Una consiglio al segretario dall'alto della sua esperienza di ex Dc arriva da Gianfranco Rotondi. «Nel Pdl si sta consumando un copione antico quanto la politica: l'eterno duello tra maestro e allievo, tanto più cruento quanto più è stato forte il rapporto tra i duellanti», scrive su La Discussione. «La Dc ha avuto straordinarie rappresentazioni di questo dramma epico: Sullo e De Mita, Bisaglia e Rumor, Gaspari e Natali, Fanfani e Forlani. Ma al Pdl mancano gli strumenti che un tempo regolavano queste dialettiche. Ecco perché la scommessa di Alfano è legittima, ma azzardata».
Con il passare delle ore, però, il partito si concentra sull'affondo della Santanchè. Fabrizio Cicchitto per primo fa sentire la propria voce per contestarne la linea d'attacco contro il capo dello Stato. «Con il presidente Napolitano si può essere d'accordo o in disaccordo sul merito, ma non condivido neanche lontanamente l'appellativo di traditore che Daniela Santanchè gli ha rivolto» dice Cicchitto. Una dissociazione a cui si uniscono i presidenti dei gruppi del Pdl di Senato e Camera, Renato Schifani e Renato Brunetta. «Siamo certi che i parlamentari del Pdl non condividono le sue gravi affermazioni. Le sue rimangono valutazioni personali e come tali vanno giudicate». Una critica a cui si uniscono anche i deputati del Pd che in una nota chiedono a Laura Boldrini di «valutare se non siamo di fronte a un caso di vilipendio delle istituzioni». Cicchitto replica anche sull'ipotesi di azzeramento. «In una situazione assai delicata all'interno del Pdl, nessuno può azzerare nessuno, anche perché Alfano si è conquistato sul campo un ruolo politico che non può certo essere sciolto con tre squilli di tromba».
Al netto delle schermaglie verbali, delle interviste televisive e delle note di agenzia questa settimana potrebbe muoversi qualcosa e potrebbero essere avviata la ridefinizione della tolda di comando del partito. Raffaele Fitto chiede la convocazione di un ufficio di presidenza ad hoc mentre Alfano riflette sull'ipotesi di dimissioni da ministro dell'Interno per occuparsi a tempo pieno del partito. In realtà anche una decisione forte come questa da parte del segretario non sarebbe sufficiente in questa fase a ricompattare il Pdl e a «garantire» le varie anime. Per questo inizia a circolare una ipotesi di transizione: quella di una «diarchia» operativa composta da Denis Verdini e Maurizio Lupi. Una sorta di fotografia della divisione attuale, in attesa di un confronto a viso aperto in un congresso o nelle primarie.


Gli avversari
di Berlusconi devono puntare a batterlo alle urne


Quelle della Santanchè sono valutazioni personali


La via maestra
è costituita
dal binomio Berlusconi-Alfano

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