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Santoro: "Chiudere l'Autorità per i contratti pubblici non sarebbe un risparmio"

Il presidente dell'AVCP risponde al ministro delle Infrastrutture Lupi, contestando che l'organismo sia inutile e troppo costoso

Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, annuncia di voler chiudere l'Autorità dei contratti pubblici perché «non serve più» ; il commissario per la spending review Carlo Cottarelli l'ha inserisce tra gli enti inutili.

Ma il presidente dell'AVCP, Sergio Santoro, proprio non ci sta. «É impossibile - dice- garantire il mercato dei contratti pubblici senza di noi. Non è vero che la struttura costi troppo e non è affatto inutile.Soprattutto ora, che l'Italia deve recepire le nuove direttive europee sugli appalti».

Forse, lascia capire, l'Autorità dà fastidio, ha provocato malcontento in settori dove ci sono enormi interessi. E allora la si vuole togliere di mezzo. Lupi intende, infatti, ripartirne le funzioni tra l'Antitrust e il suo ministero.

Ma Santoro replica punto per punto alle critiche emerse in questi giorni e difende l'efficienza dell'Autorità che dirige. A Lupi ricorda anche che «l'unico organismo pubblico cui deve rispondere l'AVCP è il parlamento».

Poi Santoro precisa che la sua «inderogabile necessità» è stata affermata anche da una sentenza della Corte costituzionale del 1995 e da allora le sue competenze sono state estese. «Oggi - dice il presidente- rimangono tutte le motivazioni che giustificarono ne la creazione, che non hanno perso significato, ma anzi ne hanno acquistato ancor di più, perchè siamo di fronte alla rivoluzione copernicana rappresentata dalle nuove Direttive europee nel settore degli appalti, che dovranno essere recepite dall'Italia entro i prossimi due anni».

Sono Direttive che trasformano la visione del settore degli appalti: da quella ottocentesca di uno Stato che finanzia l'acquisizione dei beni e servizi per i cittadini a quella di un progressivo partenariato tra lo Stato e i privati, che trasformano le necessità dei cittadini in occasioni di crescita economica e non solo di spesa di denaro pubblico.

Il rapporto tra lo Stato appaltante ed il soggetto appaltatore diventa un rapporto fiduciario, perfino nella qualificazione delle imprese, affidata alla oggettiva capacità di prestazioni dimostrata nelle gare.
Santoro ricorda che non si può certo fare a meno delle professionalità di giuristi e tecnici con competenze specifiche raccolte in tanti anni nell'Autorità, nè della «straordinaria quantità di dati» e della capacità di utilizzarli per l'interesse di tutti i cittadini.

Questo vuol dire che « qualunque altra Autorità dovesse assumere le competenze dell' AVCP, ne dovrebbe assorbire quasi tutte le risorse umane e tecnologiche».

E allora, dove sarebbe il risparmio? L'organismo, poi, non costa nulla allo Stato e fa risparmiare evitando molto contenzioso, secondo Santoro.
«Inoltre- sottolinea-, finora abbiamo finanziato le altre Autorità. All'anno la spesa è di 50 milioni, ma sono tutti finanziati con la tassa delle gare. Rilasciamo, gratis, circa 350 pareri all'anno quando il contributo per i ricorsi può costare fino a 8 mila euro a causa. Preveniamo il contenzioso anche con l'attività di regolazione e poi c'è la vigilanza sulle irregolarità in gara o in cantiere, con 700 segnalazioni all'anno che trattiamo tutte».

Il presidente dell'AVCP ricorda i compiti che sono stati affidati dalle varie leggi e l'impegno per provvedimenti che hanno comportato effettivi risparmi.
Cita l'individuazione dei prezzi di riferimento nella sanità, con economie di un miliardo e mezzo di euro; la semplificazione delle procedure per la comprova dei requisiti di gara previsti dal Codice degli appalti; il contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni malavito; il censimento dei centri di costo che possono spendere denaro pubblico; la tracciabilità dei flussi finanziari.

Insomma, abbattere sull'Autorità la scure della spending review renziana non produrrebbe un risparmio nella pubblica amministrazione, ma avrebbe effetti contrari.

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