Politica

Santoro è in crisi profonda Mentana pronto a scalzarlo

Crollano gli ascolti di "Servizio pubblico", l'antiberlusconismo in tv arranca e il direttore del TgLa7 macina share: Cairo tentato dal cambio della guardia

Enrico Mentana, direttore del Tg di La 7
Enrico Mentana, direttore del Tg di La 7

Tre indizi fanno uno scenario. Una tendenza. Una prospettiva. Il saliscendi Mentana-Santoro. Il direttore del tg di La7 che, in tempi medi, conquista la prima serata dell'approfondimento giornalistico al posto di Servizio pubblico? Niente più che una suggestione, un'ipotesi. Niente di automatico. Però, più che di indizi, si tratta di fatti.

Registriamoli e mettiamoli in fila cominciando dai numeri. Con lo scoop dell'intervista a Beppe Grillo, venerdì sera Bersaglio Mobile ha raggiunto il 10,69 per cento di share (scorporando si ha l'11,6 per l'intervista e l'8,7 nel talk che l'ha seguito). Ascolti notevoli per La7, superiori persino a Crozza nel Paese delle meraviglie, considerato un successo della rete. Il giorno prima Servizio Pubblico era sceso al suo minimo storico, 6,91 per cento (la settimana prima si era fermato al 7,09), sempre più lontano dalla doppia cifra, soglia della soddisfazione.

Secondo elemento di paragone. Anche qui si tratta di fatti di cronaca. Poco più di una settimana fa è stata ufficializzata la firma sul contratto che lega il direttore del TgLa7 alla rete di Cairo. «Con l'editore abbiamo firmato un accordo che riguarda la direzione del tg e tutti i programmi in cui sono già impegnato», ha detto Mentana nell'occasione. Oltre agli speciali pomeridiani sugli avvenimenti dell'attualità politica, «gli altri programmi» sono essenzialmente Bersaglio mobile che si è stabilizzato al venerdì dopo Crozza. Quasi in contemporanea, nei giorni scorsi, Dagospia ha rivelato che da fine aprile per quattro appuntamenti Santoro potrebbe cedere la sua serata, non la testata, a Giulia Innocenzi conduttrice di un format rivolto al pubblico under 35, una sorta di Aboccaperta con due fazioni e un politico nel mezzo. L'intenzione è evitare le pastoie della par condicio in vista delle elezioni europee, pastoie sempre indigeste a Santoro. Il quale, già da qualche tempo manda segnali di disaffezione per il ruolo di conduttore. Fosse per lui si dedicherebbe alle inchieste filmate tipo Servizio pubblico Più. Ma il fatto è che al suo programma, oltre a Vauro, Ruotolo e Bertazzoni lavora un'altra trentina di persone che difficilmente riuscirebbero a riciclarsi. Nel settembre scorso, in una controversa intervista all'Espresso, Carlo Freccero disse di Santoro che «gli tocca solo attendere che sulla sua storia e su quella del nemico Berlusconi cali il sipario, in parallelo».

E siamo al terzo elemento, che riguarda il cambio di scena in atto nelle cose della politica. Senza Berlusconi in primissima fila l'appeal della coppia Santoro-Travaglio è ridimensionato. La bandiera dell'antiberlusconismo non va più in doppia cifra. Anche perché con Renzi si è entrati in una stagione post-ideologica. Ormai destra e sinistra risultano categorie superate perché inadeguate. I mali del Paese sono arcinoti. Le malefatte della casta anche. C'è voglia di soluzioni più che di semplici denunce. Una voglia che influenza orientamenti e preferenze dei telespettatori (oltre che degli elettori), più desiderosi di un'informazione concreta e pragmatica. Che aiuti a capire più che a schierarsi. I confronti e i faccia faccia funzionano più delle chiacchiere inconcludenti di certi talk show. Le slide di Renzi lasciano il segno più delle analisi di troppi esperti. Mentana «buca» più di Santoro.

Come spesso accade tutto si condensa in un fattore estetico: di fronte a questo cambio di scena e al desiderio di una primavera italiana, lo studio plumbeo di Servizio pubblico sembra appartenere a un'altra èra televisiva.

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