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In Sardegna respingimenti chic: cacciato lo yacht di Abramovich

Il decreto anti "inchini" si dimentica di distinguere tra privati e navi da crociera. E l’imbarcazione del magnate non può attraccare a casa sua in costa Smeralda

In Sardegna respingimenti chic: cacciato lo yacht di Abramovich

È ufficiale: anche quest'estate l'Italia dichiara guerra agli yacht. Nel 2006 il balzello su chi sbarcava, poi gli asfissianti controlli anti evasione. E ora la battaglia agli «inchini» scatenata dopo l'incidente della Costa Concordia. Che in Sardegna ha prodotto un risultato paradossale: sbarrare l'accesso anche agli yacht di lusso. Una mossa da tafazzi per un'isola assetata di turisti spendaccioni in tempi di crisi.
A colpire chi possiede grosse imbarcazioni - e di riflesso chi vive di turismo - quest'anno non ci sono solo tasse e accise: chi va per mare nell'estate 2012 deve vedersela anche con gli effetti del decreto salvacoste. Quello voluto dai ministri dell'Ambiente, Corrado Clini e dello sviluppo economico Corrado Passera, in seguito al disastro della Concordia, per mettere fine a «inchini» e passaggi ravvicinati. La norma, varata il primo marzo, prevede che le imbarcazioni non si avvicinino a meno di due miglia dalla costa, nelle aree protette, vulnerabili o di rilevante pregio paesaggistico. Ovviamente il limite riguarda solo le imbarcazioni molto grandi, ovvero quelle con peso superiore alle 500 tonnellate ma il problema è che non è stata fatta nessuna distinzione tra navi da crociera e barche di privati. Ne sa qualcosa Roman Abramovich che con il suo yacht Eclipse - 170 metri con 2 piste di atterraggio per elicottero personale, piscina cinema, e altre lussuose meraviglie - non può avvicinarsi alla costa, nemmeno per raggiungere casa sua a Cala Volpe.
Si dirà che il proprietario del Chelsea può sempre scegliere un'altra meta - e forse è proprio ciò che ha fatto, visto che in questi giorni è stato avvistato a Portofino - ma spiegarlo agli operatori turistici sardi che rischiano di perdere un ospite (molto) pagante sarà più complicato. Del resto il sospetto che il decreto salvacoste potesse danneggiare il settore era già venuto ad alcuni sindaci del Tigullio: prevedendo gravi danni economici per il territorio hanno scritto una lettera ai ministri Clini e Passera per ricordare che «il turismo crocieristico, ha un impatto positivo, diretto e indiretto, sia per le amministrazioni pubbliche che per il tessuto commerciale». I tre primi cittadini quindi hanno chiesto una deroga al decreto, attraverso l'individuazione di rotte praticabili per permettere alle navi da crociera attese per la stagione estiva di fare scalo nei porti. I ministri li hanno accontentati: in deroga all'ordinanza, le navi da crociera sono tornate a sostare davanti a Santa Margherita Ligure, Portofino e Rapallo grazie all'individuazione di tre «porte» di entrata e uscita. E così il turismo è salvo.
Comunque non è la prima volta che, in nome della guerra alle imbarcazioni, il settore vacanziero è messo a rischio: nell'estate 2006 avevano fatto molto discutere le tasse sul lusso volute dall'ex governatore Renato Soru. Le regole di Soru prevedevano che fossero tassate le imbarcazioni che si trovavano in Sardegna dal primo giugno al trenta settembre, oltre a una patrimoniale del 20 per cento sulla compravendita di case distanti dal mare meno di tre chilometri, e un'imposta regionale sulle seconde case a uso turistico.
Allora le norme anti-barche avevano scatenato la reazione degli esercenti della Sardegna, insieme a quelle del popolo vip di Porto Cervo, guidato da Flavio Briatore: il proprietario del Billionaire aveva portato avanti anche una campagna di inserzioni sui giornali locali e nazionali per dire a tutti che quelle tasse erano ingiuste e punitive, perché penalizzavano il turismo sardo e si traducevano in un impoverimento del territorio.Concepite dal governatore come tasse per lo sviluppo dell'isola, furono poi abolite nel 2009 dalla finanziaria regionale, bocciate dalla Corte Costituzionale e infine cancellate anche dalla Corte di Giustizia europea, perché ritenute lesive delle normative comunitarie.


Era andata a finire che la Regione aveva dovuto rimborsare i contribuenti per l'indebito prelievo; chissà se nel frattempo gli esercenti, i ristoratori e gli albergatori sardi sono riusciti a rifarsi delle perdite.

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