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"Saremo responsabili". Il "dottor" Silvio vince la sfida con Re Giorgio

Gelo tra il Cav e il Colle: Napolitano prende appunti a occhi bassi. Colpa anche della gaffe del cerimoniale che nega all'ex premier i titoli di "Cavaliere" e "Onorevole"

"Saremo responsabili". Il "dottor" Silvio vince la sfida con Re Giorgio

Napolitano e Berlusconi negli ultimi tempi se ne sono dette di tutti i colori; ieri, per la prima volta dopo l'ultimo incontro dell'aprile 2013, si guardano negli occhi. Stretta di mano: «Presidente...»; e l'altro: «Presidente...». In fondo Berlusconi è sempre presidente di Forza Italia e non c'è giunta che tenga. Il Cavaliere, doppiopetto blu, cravatta a pois e spilletta al bavero è serio, sicuro, concentratissimo. Sa bene cosa deve dire per avere valutato perfino le virgole del suo discorso all'ora di pranzo con i due capigruppo Romani e Brunetta. Si parla solo della situazione contingente; della crisi di governo. Anche se entrambi avrebbero un mare di cose da dirsi. Potrebbero darsele di santa ragione, politicamente parlando. Potrebbe finire a pesci in faccia. Ma si resta sul tema. Parla Berlusconi, Napolitano prende appunti. Ma è chiaro e palpabile l'imbarazzo del capo dello Stato. Abbassa gli occhi. Berlusconi ha già detto più volte cosa ne pensi di lui. Adesso sono uno di fronte all'altro. La guerra rimane fredda e rigorosamente istituzionale. Ma vince Berlusconi. Perché è lì. Ancora lì nonostante tutto. E dentro quel «tutto» c'è la condanna in Cassazione con modi e tempi noti; la cacciata dal Parlamento con il discutibile voto della giunta da parte degli ex alleati di governo; i silenzi di Napolitano; la pacificazione stracciata; le recenti rivelazioni del Corsera a proposito di Napolitano che sondò Monti in giungo, prima che si impennasse lo spread.

Berlusconi tira dritto nel suo ragionamento sulla crisi in atto. Napolitano, in un passaggio, accenna: «Condivi...». Ma poi si blocca; cambia termine. Proprio non ce la fa a «condividere» un pensiero del Cavaliere. Il presidente della Repubblica dice poco e soltanto alla fine: come se volesse allungare un po' il brodo per non dare l'impressione che il match è stato breve, brevissimo. E poi i giornali ci ricamerebbero su che è stato addirittura troppo. I due si salutano e si tengono dentro i tanti «non detto». Dal Quirinale confermano che si è trattato di un faccia a faccia «senza alcuna divagazione sui rapporti politici tra i due e sul Quirinale». Insomma, s'è parlato solo di crisi di governo in maniera asciutta e istituzionale. Il Cavaliere dirà poi ai microfoni: «Abbiamo manifestato preoccupazione e stupore per questa crisi opaca che si è aperta fuori dal Parlamento e nell'ambito di un solo partito». Quindi ribadisce: «Noi siamo all'opposizione del governo ma saremo responsabili come siamo sempre stati da 20 anni a questa parte. Abbiamo sempre giudicato i contenuti: avversati se non favorevoli allo sviluppo e all'interesse comune; votati se ritenuti buoni per il Paese».

Altra rassicurazione: «Manteniamo gli accordi su legge elettorale e riforme»; mentre «sul governo interverremo affinché si avvii sulla strada della riduzione dei mali che incombono sull'Italia: oppressione burocratica, quella fiscale e quella giudiziaria».

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