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Se Alfano "dà i numeri" sull'emergenza clandestini

Il ministro dell'Interno conta i 4mila migranti sbarcati nelle ultime 48 ore: "Eventi allarmanti". Ma il vero allarme è un governo sordo a possibili soluzioni

Se Alfano "dà i numeri" sull'emergenza clandestini

Angelino Alfano ormai ha cambiato mestiere. Non fa più il ministro dell'Interno, ma il grande ragioniere dell'immigrazione. Una settimana fa raccontava di 600mila migranti pronti a lasciare la Libia. Ieri dopo aver enumerato i «1.040 migranti sbarcati nelle ultime 24 ore», i «1.300 sulle navi della Marina Militare» e i «16 avvistamenti di barconi con richiesta di soccorso» parlava di «progressione di eventi che allarma». Bella scoperta vien da dire. Ma non è neppure una scoperta.
La devastante progressione del fenomeno che tra lunedì e ieri ha portato in Italia 4.000 nuovi migranti era chiara fin da febbraio quando il Giornale raccontò la drammatica situazione creatasi in Libia. Una situazione fuori controllo per ammissione degli inascoltati funzionari del ministero dell'Interno mandati a fronteggiare il fenomeno. Una situazione figlia di due cause di cui gli organismi governativi erano già a conoscenza. La prima è il totale collasso del sistema di sicurezza e di controllo dei confini meridionali della Libia. Le frontiere con Sudan Niger e Chad sono confini aperti e senza legge dove nessuno controlla il contrabbando di armi, droga ed esseri umani. A Sud di Saba, come rivelato da il Giornale, il traffico di uomini è nelle mani della milizia alqaidista di Ahmed Asnawi, padrona assoluta del traffico di uomini dall'Africa sub sahariana. I nostri servizi segreti lo sanno, ma né il ministro dell'Interno Angelino Alfano, né il ministro degli Esteri Federica Mogherini, così stupefatta dalla scarsa disponibilità dei Paesi europei ad accogliere i clandestini ripescati dalle nostre navi, hanno pressato la Nato e l'Unione Europea esigendo un'azione in grado di contenere il fenomeno.
Un fenomeno che inevitabilmente porterà in Italia e in Europa non solo immigrati, ma anche potenziali terroristi. Ad amplificare il problema si è aggiunta la missione Mare Nostrum. Quella missione, come confermavano in via riservata a il Giornale i funzionari del ministero dell'Interno presenti a Tripoli, si è rivelata una vera calamita capace di «attirare immigranti clandestini perfino da zone dell'Estremo Oriente totalmente estranee un tempo alla rotta libica». Una verità emersa con drammatica evidenza durante la visita de il Giornale ad un rifugio di clandestini.

In quell'antro devastato l'unica certezza era quella d'una sicura traversata. Una sicurezza esibita mostrando il numero, registrato su tutti i cellulari, della capitaneria di porto italiana da chiamare in caso di mala parata. Grazie a Mare Nostrum, insomma, le navi della nostra Marina sono diventate comodi traghetti a costo zero messi a disposizione da un governo totalmente inerte. L'inerzia però genera inerzia e il governo non può, a questo punto, neppure permettersi di cancellare la calamità Mare Nostrum. Farlo equivarrebbe a condannare a morte le migliaia di immigrati già arrivati in Libia e finiti nelle mani di organizzazioni pronte a tutto pur di non perdere i propri incassi. Organizzazioni proliferate come funghi e pronte ormai ad utilizzare anche bagnarole di fortuna pur di spedire a destinazione la merce. La soluzione ovviamente ci sarebbe. Da mesi i funzionari presenti a Tripoli suggeriscono di contribuire alla rapida creazione di una guardia costiera libica addestrata al soccorso dei migranti. Una soluzione che ci permetterebbe di metter fine al costoso impiego delle nostre navi (300mila euro al giorno), bloccare i migranti all'interno delle acque territoriali di Tripoli ed evitare nuove stragi in alto mare.

Ma a Roma invece di ascoltare preferiscono contare.

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