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Se l'"etica" di Vendola inguaia il Pd il commento

Rumorosamente aperto da Nichi Vendola, il nuovo fronte "etico" di Bersani rischia di compromettere tanto il precario e faticoso equilibrio interno, quanto il sistema delle alleanze del Pd

Se l'"etica" di Vendola inguaia il Pd il commento

Rumorosamente aperto da Nichi Vendola, il nuovo fronte «etico» di Bersani rischia di compromettere tanto il precario e faticoso equilibrio interno, quanto il sistema delle alleanze del Pd. Con conseguenze che vanno oltre le primarie e si proiettano sulle elezioni politiche. L'ultimo episodio, dopo le esternazioni del governatore pugliese in materia di matrimoni e adozioni gay, riguarda il testamento biologico o, come sarebbe meglio dire, il trattamento terapeutico e i diritti di chi è giunto a fine vita. Ieri Avvenire ha messo la notizia in prima pagina, affiancando all'apertura un duro editoriale del direttore, Marco Tarquinio, contro il segretario del Pd. La legge sui Dat (cioè le «Dichiarazioni anticipate di trattamento») aveva cominciato il suo iter parlamentare quattro anni fa al Senato, alla Camera e di nuovo a palazzo Madama. Ora il Pd chiede di bloccare tutto. «La richiesta della vecchia maggioranza Pdl-Lega di riavviare l'esame in commissione al Senato del disegno di legge - aveva dichiarato l'altro giorno Bersani - è inaccettabile perché palesemente strumentale. Si cerca uno scontro ideologico. Il Pd non accetterà questa forzatura». In realtà i Dat non sono soltanto il frutto della «vecchia maggioranza» Pdl-Lega ma, nel corso del tempo, hanno raccolto un consenso trasversale: l'Udc di Casini, prima di tutto, e poi settori di Fli e dell'Api e dello stesso Pd. Tornare ora a discuterne in Senato non significa riesumare un provvedimento del governo Berlusconi, ma consentire al Parlamento di continuare a svolgere il proprio lavoro su una materia, per altro, squisitamente parlamentare. L'imbarazzo di Bersani ha dunque un'altra origine: non tanto il timore di finire in minoranza, quanto la consapevolezza che il Pd, sui temi eticamente sensibili, non è in grado di garantire la propria unità né di proporre una soluzione condivisa. Meglio allora procedere per strappi, per annunci e per veti, confidando nel silenzio-assenso, o perlomeno nella distrazione, della minoranza cattolica, e puntando invece ad un'immagine esterna «avanzata», «progressista» e sostanzialmente neo-radicale (forse per riequilibrare i necessari compromessi in materia economica e sociale). Il vecchio Pci aveva tanti difetti, ma alcuni punti fermi: fra questi, la necessità di procedere con cautela, comprensione e disponibilità all'ascolto ogni volta che un tema eticamente sensibile giungeva al vaglio del Parlamento. Al contrario di Stalin, che un giorno si chiese beffardamente quante divisioni avesse il Papa, Togliatti e Berlinguer hanno sempre tenuto in gran conto le esigenze e le sensibilità del mondo cattolico. Proprio questa capacità di dialogo sembra venir meno nel Pd di oggi, che pure, diversamente dal Pci di allora, incorpora al proprio interno un gran numero di cattolici organizzati. Parlare di «laicismo» sarebbe probabilmente eccessivo: ma, certo, qualcosa non funziona nel rapporto fra Bersani e il variegato arcipelago cattolico. L'editoriale di Avvenire, significativamente intitolato «Questione di democrazia», suona quasi come una dichiarazione di guerra: «Che il Parlamento deliberi su materie di sua competenza come quella del “fine vita” sarebbe, dunque, “strumentale” - scrive Tarquinio citando Bersani - Che, invece, provino (per propaganda) a farlo i Comuni sarebbe normale e giusto. Che lo abbiano fatto e possano farlo ancora alcuni giudici che si sono spinti a “interpretare” la legge fino a capovolgere princìpi fondamentali del nostro ordinamento - come quello del favor vitae - sarebbe regolare e tranquillizzante. Bersani sbaglia di grosso. E perde un'occasione per interpretare “tutto” il suo partito, anche la parte che la legge sulle Dat l'ha votata». Di tutto avrebbe bisogno Bersani, tranne che di una guerra di religione.

Tanto più che il suo antagonista diretto, Renzi, ha il vantaggio di essere un cattolico: e dunque, come insegna la storia della Dc, può e potrà ottenere dalla Chiesa molto più di un laico.

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