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Violante: "Se passa la riforma del voto Berlusconi torna protagonista"

L'ex presidente della Camera: "Anche Renzi può guadagnare dal dialogo con il Cavaliere. Solo la sinistra al cachemire è contraria, ma non decisiva"

Violante: "Se passa la riforma del voto Berlusconi torna protagonista"

Luciano Violante è una persona diversa. Diversa da quella che abbiamo conosciuto in tanti anni di presenza e militanza politica. Il capo del partito dei giudici. L'inflessibile presidente della Camera. «Il piccolo Vishinsky» come lo chiamava Cossiga, considerandolo l'eminenza grigia di tanti processi politici degli anni '90. Luciano Violante è una persona diversa se scrive interventi su Sant'Agostino sull'Osservatore Romano. Se partecipa al Meeting di Rimini con il ministro Cancellieri per parlare dell'emergenza carceri. E se ieri era sul palco del Centro congressi Papa Luciani di Padova per presentare, davanti a millecinquecento persone, Vita di don Giussani (Mondadori) con l'autore Alberto Savorana, il vulcanico monsignor Danilo Serena e il direttore del Mattino di Padova Antonio Ramenghi.

Per cambiare così e a un'età non più giovanissima dev'essere accaduto qualcosa d'importante. Che cosa?
«Di argomenti religiosi mi sono occupato anche quando non si vedeva all'esterno. Ora che si è ridotto l'impegno politico, l'interesse per i temi esistenziali ha preso uno spazio maggiore, anche sulla scena pubblica».

Che cosa l'ha colpita maggiormente della figura di don Giussani?

«La perseveranza. In una esistenza lunga, che ha attraversato molte fasi della vita del Paese e della Chiesa cattolica».

A lei personalmente, uomo in ricerca, che cosa lascia la lettura di questa ciclopica biografia?

«Lo sforzo per cercare e trovare il senso della vita non in astratto, ma nella concretezza di ciascuno di noi».

Lei è stato uno dei primi a tentare di superare le divisioni nel Paese quando già alcuni anni fa ammise che anche i fascisti di Salò potevano avere delle ragioni. Anche di recente ha tentato di oltrepassare le divisioni tra berlusconismo e antiberlusconismo. È una strada impervia?

«Non dissi che potevano avere delle ragioni. Dissi che avevamo il dovere di capire le loro ragioni. Perché, ragazzi e soprattutto ragazze si schierarono dalla parte dei vagoni piombati invece che dalla parte della libertà. Sforzarmi di capire le ragioni degli altri è da sempre la mia principale preoccupazione nella politica e nella vita».

Strada impervia?

«È più semplice aggredire l'altro invece che provare a capirlo. C'è una rendita politica nella divisione. Costruendo l'avversario come nemico definisco immediatamente la mia identità e quella dell'altro. I pigri aggrediscono invece di sforzarsi di capire».

Lei è stato un antesignano della cosiddetta pacificazione?

«Non ho mai pensato che ci fosse un problema di pacificazione in Italia. C'è invece un grave deficit di rispetto reciproco. E quindi il problema italiano si chiama legittimazione, non pacificazione».

Come giudica la decisione del presidente del Senato, Pietro Grasso, ex magistrato come lei, di sovvertire la votazione del Consiglio di presidenza facendo costituire il Senato parte civile al processo di Napoli?

«La vicenda è più complessa. Innanzitutto non si è votato, perché si trattava di una semplice richiesta di parere. In ogni caso i gruppi che rappresentano la maggioranza dei senatori avevano espresso un sì alla costituzione di parte civile. Grasso ha deciso autonomamente, in un processo per una imputazione oggettivamente grave come la corruzione di parlamentari per far cadere un governo. Poi capisco che le valutazioni politiche possano essere contrastanti».

La decisione di Grasso sembra avere qualcosa in comune con la fretta di votare la decadenza di Berlusconi quando sarebbe arrivata ugualmente con la sospensione dai pubblici uffici...

«O la politica si assume la propria responsabilità o quella responsabilità se la assumono gli altri».

Quindi ammette che c'è stata una funzione supplente dei magistrati.

«Certo. Hanno più volte riempito un vuoto di potere per l'inerzia della politica, nella lotta al terrorismo, alla mafia e alla corruzione. O quando hanno autorizzato cure come la Di Bella o Stamina. Sono sovrapposizioni che non si risolvono attraverso un codice punitivo nei confronti dei magistrati, ma con il pieno assolvimento delle proprie funzioni da parte della politica».

Non ritiene che negli ultimi anni ci sia stato un eccesso di concentrazione di energie dei magistrati sulla figura dell'ex premier?

«Dipende anche dalle denunce che sono pervenute all'autorità giudiziaria e dai comportamenti tenuti da ciascuno, imputato, corifei dell'imputato, magistrati, associazioni professionali, Csm. Ma a volte il senatore Berlusconi ha saputo distinguere le sue vicende personali dall'azione di governo. So che è difficile, ma mi permetta di dire che se riuscisse a separare più spesso le sue vicende personali dalla vita del Paese, sono certo che ne guadagnerebbero lui e soprattutto il Paese».

Con l'accettazione responsabile della decadenza e il rilancio del dialogo per le riforme con Renzi questa ipotesi si sta affermando.

«Spero davvero che si riesca. Renzi riuscirebbe a far approvare finalmente una nuova legge elettorale e Berlusconi beneficerebbe di una proposta che oggi avvantaggia notevolmente il centrodestra».

Si possono fare le riforme istituzionali prescindendo da una parte consistente del corpo elettorale come il centrodestra?

«Ho già detto la mia opinione sulla cosiddetta pacificazione. Le riforme vanno fatte insieme e se riuscissimo se ne avvantaggerebbe la legittimazione reciproca».

Renzi e Letta, come finirà? Il dialogo intrapreso dal segretario Pd con Berlusconi lo scopre sul fianco sinistro...

«Trovo sbagliato contestare il dialogo con Berlusconi. L'unico fianco scoperto è quello della sinistra al cachemire, che non è decisivo, come si è visto più volte. La partita è difficile, ma necessaria. Se riesce, Renzi guadagna le riforme e Berlusconi ritrova una centralità che sembrava smarrita. Ci si misurerà fino alla fine».

Ci sarà una scissione a sinistra?

«No».

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