Politica

Il segretario fa valere l'apparato: il Pd si butta a sinistra

Affluenza in calo. Bersani sarà candidato premier col 60%. "Ora vinciamo senza raccontare favole"

Al Teatro Capranica Pier Luigi Bersani festeggia la vittoria contro Renzi
Al Teatro Capranica Pier Luigi Bersani festeggia la vittoria contro Renzi

Roma - Ballottaggio senza sorprese, l'outsider non ce l'ha fatta e, per il momento, la tradizione è salva. Le urne delle primarie del centrosinistra si sono chiuse alle 20 precise dopo una giornata di attesa e schermaglie, per la verità sempre meno convinte, sugli ammessi al voto. È subito emersa una partecipazione un po' inferiore rispetto al primo turno: è tornato a votare più del 90% degli elettori di domenica scorsa. Meno di tre milioni di persone al voto, senza code. Perdita inferiore a quelle che generalmente si registrano alle elezioni a doppio turno.
A vantaggio di chi è andato il calo dell'affluenza è stato chiaro quando sono arrivate le prime proiezioni: Pier Luigi Bersani - forte anche del voto dell'apparato - saldamente in testa, al 60,8 per cento, Matteo Renzi fermo al 39,2%. Il sindaco di Firenze non ha centrato per un soffio l'obiettivo intermedio che si era dato, cioè avere almeno il 40% dei consensi. Una «sconfitta», ha ammesso salutando i sostenitori a Firenze. Mentre Bersani gongolava promettendo: «Vogliamo vincere senza raccontare favole».
La giornata era iniziata all'insegna delle polemiche sugli ammessi al voto. Quelli che, pur non avendo votato al primo turno, volevano partecipare al ballottaggio sono stati quasi tutti respinti ai seggi. Una «alluvione di richieste», ha ammesso il presidente dei garanti delle primarie Luigi Berlinguer. Delle 128 mila arrivate via mail fino a sabato sera, ne sono state accolte solo 7.000. Scheda negata a 121 mila simpatizzanti del centrosinistra, presumibilmente tutti potenziali elettori del sindaco di Firenze. Comunque gli esclusi «non sono rilevanti agli effetti di qualsiasi risultato», assicurava Berlinguer alle prime contestazioni. Resta lo smacco organizzativo. Tra Twitter e Facebook fioccavano esempi di elettori che si sono presentati e sono stati respinti. Il parroco di Pistoia, assente giustificato, la ragazza con i biglietti che provavano un viaggio all'estero e altri.
In tarda mattinata, iniziavano ad arrivare i dati sull'affluenza, i comitati di Bersani e Renzi facevano i conti di quanti dei propri sostenitori e quanti degli altri tre sfidanti (Nichi Vendola, Laura Puppato e Bruno Tabacci) stavano andando alle urne. Intorno a Mezzogiorno Renzi decideva di annullare la partita di calcetto, programmata da tempo e pubblicizzata come un segnale di tranquillità. Motivazione ufficiale, l'affluenza in calo. In realtà, lo sfidante del segretario Pd già temeva un risultato inferiore alle aspettative e problemi ai seggi. Iniziano i sospetti, anche se mai dichiarati. A Firenze dove al primo turno era scoppiato il caso delle file, a partire dal seggio dove aveva votato Renzi, non sono arrivati gli elenchi elettorali. E quando sono arrivati gli organizzatori si sono accorti che erano sbagliati e hanno dovuto ricontrollarli uno a uno. «Casi gravissimi che mettono a rischio la validità del voto in vari seggi», per i renziani. Situazioni simili a Roma e in altre città dove alle 20 non c'erano ancora i registri.
Problemi che Renzi ha deciso di non cavalcare. Alle 16 è arrivato il messaggio distensivo: «Non esistono ricorsi: stasera il centrosinistra avrà il suo candidato premier che sarà stato eletto», ha assicurato Nicola Danti, coordinatore toscano dei renziani. Mentre diventava sempre più chiara la vittoria di Bersani, si moltiplicavano i messaggi distensivi del Pd doc. «Bersani e Renzi lavoreranno in squadra per vincere le elezioni. Nessuno capirebbe se Renzi e i suoi proseguissero con le lacerazioni», assicurava Dario Franceschini.

La risposta l'ha data Renzi: «Sconfitta netta, saremo leali», ma da domani (oggi) «torno a fare il sindaco, niente correnti».

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