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Sentenza Cassazione: un paradosso giudiziario

De Benedetti ha fatto un affare migliore di quello che avrebbe messo a segno se nel 1991 gli fosse stato assegnato il controllo della Mondadori

Sentenza Cassazione: un paradosso giudiziario

Un risarcimento gigantesco, il più alto della storia giudiziaria italiana, chiude definitivamente con la vittoria di Carlo De Benedetti il braccio di ferro ventennale con Silvio Berlusconi per il controllo della casa editrice Mondadori. Sull’importo fissato dalla Cassazione, che avrebbe ridotto di circa settanta milioni (ai 23 di capitale vanno infatti aggiunti rivalutazione e interessi) il risarcimento riconosciuto all’Ingegnere dai giudici d’appello, i legali del Cavaliere avevano battagliato a lungo: spiegando in particolare che una cifra come quella che Fininvest deve versare alla Cir debenedettiana corrisponde a molte e molte volte il profitto che Mondadori ha generato in questi anni. Grazie alla sentenza della Cassazione, dicono in sostanza gli avvocati di Berlusconi, De Benedetti ha fatto un affare molto migliore di quello che avrebbe messo a segno se nel 1991 gli fosse stato assegnato il controllo della Mondadori. Un paradosso giudiziario che, evidentemente, ai giudici della Cassazione non è sembrato tale.
Ma, ben prima della battaglia sul calcolo dell’eventuale risarcimento, lo staff difensivo di Fininvest aveva puntato – sia nel corso del processo d’appello che davanti alla Cassazione – su un punto ancora più cruciale. Tutta la battaglia contro Berlusconi, dicevano, viene oggi presentata e rivendicata da De Benedetti come la legittima rivalsa di una parte che è stata sconfitta ingiustamente, grazie ad una sentenza scritta da un giudice corrotto. Ma le cose in realtà andarono diversamente. E la conclusione nel 1991 dello scontro per il controllo della Mondadori non vide affatto il ko di De Benedetti ma un accordo firmato da entrambe le parti con reciproca soddisfazione. A De Benedetti restavano Repubblica, l’Espresso, e i quotidiani locali del gruppo Finegil; a Berlusconi andavano i periodici e i libri della casa editrice di Segrate. Si tratta dell’accordo officiato da Giuseppe Ciarrapico per conto di Giulio Andreotti, e che allora venne salutato da buona parte del mondo politico come la salutare spartizione di un colosso editoriale che, se fosse rimasto nelle mani di un unico soggetto, avrebbe concentrato su di sé un potere abnorme. Sia De Benedetti che Berlusconi, allora, commentarono positivamente l’intesa frutto della mediazione di Ciarrapico.
Perché, allora, se la spartizione di Segrate fu concordata tra le parti, oggi la sentenza della Cassazione riconosce a De Benedetti il megarisarcimento che gli attribuisce, nel più clamoroso e sostanziale dei modi, il ruolo di vittima? La tesi dell’Ingegnere, condivisa dai giudici di tre gradi di giudizio, è che a quell’accordo del 1991 De Benedetti fu costretto con la violenza e con l’inganno, grazie alla sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva dato ragione a Berlusconi: e che, come si scoprì qualche anno dopo, era viziata dalla tangente incassata da uno dei giudici della Corte. Dovemmo trovare un accordo per limitare i danni e salvare in qualche modo la pelle, ha sostenuto negli ultimi tempi De Benedetti. Ma allora, hanno ribattuto i legali di Berlusconi, perché la Cir non si rivolse alla Cassazione allora, e non oggi, per vedere riconosciute le sue ragioni? Perché non chiese allora che la sentenza della Corte d’appello di Roma, se era così platealmente ingiusta, venisse cancellata dalla Suprema Corte , e fosse ristabilito il suo buon diritto a controllare l’intero regno Mondadori? Già, perché?
La verità, hanno sempre sostenuto i legali di Berlusconi, è che in realtà De Benedetti non aveva alcun diritto a impadronirsi della casa editrice. E che la sentenza della Corte d’appello romana fu una sentenza giusta, tant’è vero che la condivisero tutti i giudici che facevano parte della Corte, e che – con una sola eccezione - non sono mai stati accusati di alcunché di illecito. La sentenza era giusta perché gli eredi di Arnoldo Mondadori avevano tutto il diritto di scegliere Berlusconi, e non De Benedetti, come loro alleato nell’operazione di salvataggio dell’azienda: specie dopo che De Benedetti, con una mossa incauta, aveva proclamato ai quattro venti di essere pronto a raggiungere il pacchetto di maggioranza delle azioni. È questo, andando indietro nel tempo, lo scontro da cui tutto nacque. Un dato è certo, e non è mai stato smentito da nessuno nel corso del tempo: gli eredi di Mondadori decisero liberamente l’alleanza con Berlusconi, e furono loro a spalancare al Cavaliere le porte dell’azienda. De Benedetti fu vittima della diffidenza che aveva creato nei Mondadori, e non delle trame di Berlusconi. Come si fa, adesso, a dargli mezzo miliardo di risarcimento?

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