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Siamo tornati al 1982 Ma senza Mundial e senza più un futuro

Crollano i consumi alimentari, l'Italia torna indietro di 30 anni. Ma nel 1982 tutti guardavano con speranza al Duemila

Siamo tornati al 1982 Ma senza Mundial e senza più un futuro

Adesso ti dicono che siamo tornati trent’anni indietro, così, con un colpo di crisi, uno spread sulla faccia e i consumi che sono gli stessi del 1982. La verità è che fai quasi fatica a ricordare come erano i tuoi 14 anni, il primo anno di liceo, quelle tute da ginnastica blu e con le strisce bianche ai lati, i pomeriggi in sala giochi a litigare con una pallina gialla vorace che si nutriva di pillole colorate, l’urlo di Tardelli quella notte a Madrid e il volto di Sophie Marceau con le cuffiette come ferma capelli che ti racconta il tempo delle mele. Solo che così si muore di nostalgia ed è l’unico sentimento che il 2012 non si può permettere.

Il 1982 era un anno di crisi. Il mondo stava ancora cercando di uscire fuori dagli anni Settanta. L’Italia ancora di più. Le Br sequestrano Dozier e si fanno male di brutto. È l’inizio della loro fine. È la mafia invece che sta cambiando passo. I corleonesi di Riina e Provenzano hanno fatto fuori i vecchi capi e ora si sentono invincibili. Sanno però che Tommaso Buscetta ha trovato in Falcone un uomo con cui vale la pena parlare e poco alla volta sta cominciando a raccontare i segreti di Cosa Nostra. A Palermo è tornato il generale Dalla Chiesa. I corleonesi lo conoscono bene. È l’uomo a cui Sciascia si è ispirato per il capitano Bellodi del Giorno della civetta. Lo ammazzeranno in via Carini, insieme alla moglie, con un Kalashnikov AK-47. Saranno loro adesso, i mafiosi, a colpire il cuore dello Stato. Non era un anno tranquillo. Si vive sul filo della guerra fredda, con questo mondo diviso in due e i film sull’apocalisse nucleare che ti ricordano che devi morire. E poi la dittatura argentina decide che le Malvine non sono inglesi e la signora Thatcher risponde che quelle isole si chiamano Falkland e manda sottomarini, navi aerei e truppe per riprendersi tutto in un paio di settimane. È guerra vera, ma a quattordici anni ti sembra un film e la terra non è ancora un grande reality. Ci penserà Maradona a vendicarsi quattro anni dopo, ma in una partita di calcio e con un gol di mano.

Quando torni indietro di trent’anni c’è una cosa che però ti sembra subito evidente e non è solo una questione personale. La cosa bella di quel 1982 è il futuro. Era lì. Sembrava vero. Potevi stare a fare i conti con la busta paga e con l’inflazione a doppia cifra, ma intravedevi una speranza, un punto di svolta. C’era quella strana sensazione che un po’ tutti avevano, irrazionale: il peggio stava passando. Non ci si voltava indietro in cerca di una rotta, ma c’era questa voglia di andare a scoprire cosa ci fosse davanti. Era una corsa per arrivare più in fretta possibile al Duemila.

Trent’anni dopo uno può anche dire che era solo un’illusione. Ci hanno fregato. L’ottimismo era una droga. Solo che allora mica lo sapevi. Provate a immaginare, per esempio, cosa è stato per molti ragazzini l’apparizione del Commodore 64 o del primo Pc Ibm con il processore Intel 8088. È la tecnologia che arriva a portata di mano e ti sembra di vivere l’alba di una rivoluzione da fantascienza. Quella del 1982 è una realtà meccanica e elettrica. Ci sono i telefoni a gettoni. L’America sta ancora lì dall’altra parte della luna. Il mondo è grande, le distanze sono grandi, la gente compra i francobolli e imbuca le lettere. Il presente è quello che è. La vita costa. Il Commodore 64 costa. Ci vogliono 800mila lire per portarselo a casa e lo stipendio di un operaio specializzato è di 500mila lire. Non ci sono vacche grasse in giro. Ma c’è una grossa differenza con il 2012. Almeno allora i sogni costavano poco. Non c’era questo senso di rassegnazione, questo aver perfino paura di pensare al domani tanto non c’è un orizzonte, non c’è una via d’uscita, non c’è più neppure la forza di sognare.

Nel 1982 l’economia è stagnante, ma c’è la sensazione che qualcuno in giro abbia qualche buona ricetta per superare la crisi. È l’anno di Spadolini capo del governo, del ritorno del vecchio Fanfani accolto con il solito «rieccolo», c’è Craxi che scalpita e per la prima volta si comincia a parlare di riforme. Peccato che poi non le abbiano fatte. È il delitto capitale di quella classe dirigente.

Aver svenduto la loro intelligenza per quattro tangenti.

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