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Silvio pensa alla lista civica. E si sfoga: il Pdl non c'è più

Berlusconi deluso dagli scandali nelle Regioni. Tensione tra i vertici del partito nel summit notturno: ecco tutte le mosse interne al centrodestra

L'ex premier Silvio Berlusconi
L'ex premier Silvio Berlusconi

Se non fosse il dovere di cronaca ad imporlo, per raccontare la giornata di ieri basterebbe rimandare alle puntate precedenti. Quelle delle ultime settimane, con il solito vertice a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e i big del Pdl e la solita scenetta in cui il Cavaliere prende tempo mentre i presenti lo invitano chi ad accelerare sulla legge elettorale e chi ha formalizzare la sua discesa in campo. L'ex premier, però, non ha alcuna voglia di stringere i tempi, anzi è convinto che questo possa solo danneggiare il Pdl (o come si chiamerà la «cosa» che si presenterà alle prossime elezioni).
Così, è un po' questo il leit motiv della riunione di ieri sera a via del Plebiscito, che avrebbe visto anche qualche tensione a tarda notte. Piuttosto prevedibile, non solo per i precedenti ma anche perché proprio in mattinata Berlusconi aveva rinunciato a partecipare al convegno «Investire nella nuova Russia». «Perché non è questo il momento di parlare», spiegherà poi il Cavaliere in privato. E soprattutto perché l'ex premier non ha intenzione di mettere la faccia sullo «spettacolo vergognoso» che ha dato il partito nel Lazio e sullo scontro interno tra le diverse anime che nella sua testa si stanno solo spartendo le spoglie di un Pdl che «ormai non esiste più». Il Cavaliere lo pensa da tempo e certo il Laziogate non ha fatto che rafforzare la sua convinzione visto che dopo le note vicende i sondaggi hanno certificato un calo a livello nazionale. D'altra parte, il fatto che alle Regionali del Lazio si andrà con ogni probabilità a votare senza il simbolo del Pdl la dice lunga. Come il fatto che l'ex premier stia ragionando su una lista civica nazionale (o su più liste, a seconda di quale sarà la legge elettorale).
Berlusconi, dunque, continua con la strategia del temporeggiare. Mentre nel Pdl infuriano scontri, polemiche e divisioni. Ieri a via dell'Umiltà si sono tenute riunioni a ripetizione, a partire da quelle di Alfano con i luogotenenti di Lombardia (Mantovani), Campania (Cosentino) e Calabria (Scopelliti). Tre regioni considerate per ragioni diverse in bilico. Lungo e un po' teso, invece, l'incontro focalizzato sul Lazio. Forse anche un po' surreale se fra i temi sul tavolo c'è l'ipotesi di ritirare la delegazione da una giunta già dimissionaria. In realtà, il vero nodo è l'intenzione di Alemanno di lasciare in anticipo il Campidoglio (a dicembre) così da ottenere un election day per comune e regione. In questo modo non solo il sindaco di Roma ma anche tutte le correnti degli ex An potrebbero giocare la partita del Lazio come prologo alle politiche e, magari, far valere i loro voti quando si metterà mano alle liste elettorali (oltre, ovviamente, ad avere una ruota di scorta per chi non ottiene quel che cerca). Sul punto Berlusconi non si sarebbe ancora espresso, ma è facile immaginare che se si slittasse fino a febbraio il Cavaliere propenderebbe per un election day complessivo, politiche comprese (così da sorbirsi lo stress candidature una vola sola).
Di questo e di riforma della legge elettorale si è parlato nella lunga giornata di via dell'Umiltà.

Anche se, dice la Santanchè uscendo, «come sempre decide Berlusconi e non mi sembra che lui sia qui».

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