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Silvio sente aria di rimonta e punta a far slittare il voto

Il Pdl chiede di andare alle urne il 24 febbraio anche per motivi di par condicio Berlusconi ai suoi: "Attaccano me, ma il Pd occupa le televisioni da due mesi"

Silvio sente aria di rimonta e punta a far slittare il voto

Congelare Monti e l'area centrista che aspetta di sapere cosa farà il Professore, far slittare l'entrata in vigore della par condicio e prendere tempo in vista della complicata partita delle liste elettorali. Sono queste, in sostanza, le ragioni che portano Berlusconi a sperare che il voto scivoli in avanti di una settimana, magri due. Non più il 17 febbraio, ma il 24 che - dice Cicchitto - è «la data più ragionevole».

Temporeggiare, dunque. Ad iniziare dalla legge di stabilità, ultimo atto della legislatura. «Abbiamo intenzione di prenderci tutto il tempo necessario per esaminare bene il provvedimento», spiega Cicchitto durante la capigruppo della Camera. Un segnale eloquente del fatto che il Pdl non ha intenzione di chiudere secondo il timing previsto da Palazzo Chigi e dal Quirinale che immaginavano il via libera per venerdì con lo scioglimento delle Camera già sabato.

Una o due settimane in più, d'altra parte, potrebbero essere determinanti per il risultato finale, soprattutto con un Senato dove la maggioranza rischia di essere risicata. Ecco perché il Cavaliere vorrebbe una conclusione al rallenty della legislatura e le elezioni il 24 febbraio oppure il 3 marzo. In modo che - si legge in serata in una nota del Pdl - i tempi troppo stretti non mettano a rischio «la regolarità dell'intera procedura elettorale», soprattutto «per i residenti all'estero». Per ragioni uguali e contrarie - perché il timore di un recupero del Cavaliere c'è - il Pd è invece decisamente per il voto il 17 febbraio. Che poi è anche la posizione del Quirinale, anche se il fatto che i tempi siano effettivamente risicati (peraltro con il Natale di mezzo) potrebbe convincere il Colle a scavallare al 24 febbraio. La nota ufficiale del Pdl, infatti, è un modo per mettere le mani avanti nel caso il Quirinale confermi la data del 17. Dovessero esserci davvero complicazioni con il voto estero, per il Colle potrebbe essere un problema. Soprattutto considerando che i quattro milioni di residenti fuori dall'Italia eleggono 12 deputati e - non un dettaglio - 6 senatori.

Così fosse, Monti e tutta l'area centrista che aspetta che il Professore sciolga la riserva sul suo futuro resterebbero a bagnomaria un'altra settimana. E bloccati sarebbero anche Casini, Montezemolo e Fini. Con Berlusconi che è invece in campagna elettorale ormai da una settimana e che vedrebbe slittare la par condicio (che entra in vigore 45 giorni prima del voto). «Dicono a me, ma sono due mesi che il Pd occupa la tv», confidava ieri ai suoi interlocutori. Il Pdl, inoltre, avrebbe qualche giorno in più anche per districarsi nella partita delle liste elettorali, complicata dalla fuoriuscita di La Russa. A via dell'Umiltà ieri se ne è iniziato a parlare perché nonostante Alemanno, Gasparri e Matteoli siano rimasti nel Pdl - dice un ex ministro - «ormai la logica del 70 a 30 non ha senso». Una discussione che si annuncia lunga.

Con La Russa dovrebbero andare anche Meloni e Crosetto (ieri sera avevano in programma un incontro con il Cavaliere a Palazzo Grazioli). I tre, insieme a Corsaro e Rampelli, hanno passato il pomeriggio a discutere i dettagli e pare che l'intesa sia cosa fatta. L'idea è quella di affidare ad una consultazione online la scelta del nome del movimento.

Tre le alternative: Centrodestra nazionale, Fratelli d'Italia o Movimento nazionale.

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