Politica

Silvio stana Monti

Il Cavaliere spiazza nemici e alleati: "Farò un passo indietro se il premier guiderà tutti i moderati. Mai stato anti-europeista". Messaggio alla Lega: "Senza accordo cadono Piemonte e Veneto"

Silvio stana Monti

Roma - Un passo avanti. «Il candidato premier sono io, per il momento». Un passo indietro. «Se Monti si mette alla guida dei moderati, Lega compresa, io mi faccio da parte. Non so se gli conviene, ma se il Professore accetta, sono contento». Un passaggio in Ferrari. «Se il partito di Montezemolo si unisse a noi, certamente vorrebbe un altro al governo e io, nell'interesse del Paese, sono pronto a fare qualsiasi cosa». Un paso doble, buono forse per il prossimo futuro. «Alfano? No, non è per niente escluso, anzi adesso è proprio lui in pole position per Palazzo Chigi. Ha la mia stima e il mio affetto».

Insomma, Silvio Berlusconi è «disposizione dei moderati» e giocherà la partita: regista o centravanti, questo si vedrà più avanti perché «la politica è difficile» e gli scenari cambiano di continuo, basti pensare al travagliato rapporto con la Lega, che vuole accordarsi con il Pdl ma non vuole il Cav candidato. Maroni però si deve dare una regolata: «Senza un'intesa cadrebbero immediatamente le giunte in Piemonte e Veneto». Il tempo è scaduto, non c'è più spazio per i giochetti. Le elezioni sono vicine. «Voglio recuperare gli astensionisti e gli indecisi, dal 1948 in Italia i moderati sono la maggioranza degli italiani e anche ora possiamo arrivare al 42 per cento. Posso riprendere tutti i voti del 2008. Si tratta di delusi che non hanno scelto nessun altro partito, abbiamo fatto dei sondaggi e dei focus al nord, al centro e al sud e abbiamo scoperto che la fiducia in noi è rimasta inalterata». In campo ci sarà probabilmente ancora il Pdl, magari con il simbolo di Forza Italia.

C'è in teoria il nuovo libro di Bruno Vespa, Il Palazzo e la piazza, da presentare, in realtà sono tutti lì per una sola domanda: correrà per Palazzo Chigi? Berlusconi la butta sullo scherzo, «volete la risposta di ieri sera, di stamattina o dell'ora di cena?», ed è un modo come un altro per riprendersi il centro della scena e mandare messaggi a tutti. Al Prof in particolare. «Ho una grande stima personale nei suoi confronti, non ho remore a dirlo. In passato gli ho offerto di entrare nel mio governo come ministro dell'Economia, in questi mesi lo ho invidiato perché, non avendo il Quirinale contro, ha avuto la possibilità di fare decreti su tutto, anche su materie ordinarie. E può darsi che con Monti all'Economia sarei ancora a Palazzo Chigi...». Non sembra proprio un endorsement. «Non credo che accetti di diventare un uomo di parte. Ma se lo ritenesse opportuno, i moderati potrebbero rivolgersi a lui e io in questo caso mi occuperei della mia formazione politica».

Strano questo ritrovato feeling con Monti, pochi giorni dopo averlo spinto alle dimissioni. «Ma noi non l'abbiamo sfiduciato, abbiamo scelto l'astensione perché dovevamo dare un segnale». Un anno dopo aver lasciato la presidenza del Consiglio, dice, la situazione è peggiorata. «Lo spread è un imbroglio, l'ho detto e lo confermo. Nel 2011, con un differenziale oltre i 500 punti, venne fatta una battaglia in Europa dando la colpa a me, si disse che avevamo portato il Paese sul baratro. Una menzogna. Qualcuno disse che non si potevano pagare pensioni e stipendi agli statali, ma vennero pagati e non credo che i tecnici avessero portato loro i soldi nelle casse del governo».
E poi, insiste, i tecnici non hanno rispettato gli accordi. «Sono venuti meno a un patto sulla giustizia, che prevedeva la legge anticorruzione, l'incandidabilità e la riforma delle intercettazioni. Hanno fatto solo la prima». E, prosegue, non hanno saputo opporsi alle toghe. «La magistratura è un cancro della nostra democrazia, dove domina una giustizia onnipotente che se prende di mira uno lo distrugge». Ricorda la sentenza Mediaset. «Uno schifo inaccettabile, una sentenza politica». Quanto alla Boccassini, «è un magistrato che, quando si permette di dire che i miei avvocati cercano di dilazionare l'esito di un processo, interferisce nelle elezioni democratiche».

Il secondo messaggio è per Angela Merkel: «La Germania ha guadagnato a spese di tutti gli altri Stati. C'è un impoverimento dell'Italia e la liquefazione delle sue aziende che possono essere comperate da aziende concorrenti. I tedeschi hanno approfittato dell'euro». Guai però a dire che Berlusconi è antieuropeista. «Eufemisticamente si può parlare di malintesi. C'è molta malizia nelle prese di posizioni di diversi esponenti europei. E io ho sempre detto che vorrei più Europa, non meno Europa». Oggi sarà al vertice del Ppe a Bruxelles: vedrà pure Frau Angela?

L'ultimo è per Casini, l'uomo per il quale, sostiene, avrebbe davvero fatto il passo indietro. Peccato che Pier ora «dialoghi con la sinistra». E allora, «caduto il motivo» per farsi da parte, il Cavaliere è pronto alla sua sesta corsa per Palazzo Chigi. «Non ho ambizioni personali, sono stato al governo per dieci anni, lo faccio per il Paese. A meno che Monti, Montezemolo...».

Ma tenete d'occhio Alfano.

Commenti