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Sindaco Orlando quando si dimette dal parlamento?

La legge e la Consulta stabiliscono l’incompatibilità tra gli incarichi di sindaco e di deputato. Ma Orlando è sopra la legge

Sindaco Orlando quando si dimette dal parlamento?

E' il re delle promesse. Mancate o ritardate, però. Leoluca Orlando, il paladino della trasparenza, della legalità, dell'anticasta diventato per la quarta volta sindaco di Palermo ha realizzato un record. Ha già smentito se stesso.

Il 26 aprile scorso, durante un intervento dal palco del teatro Massimo di Palermo, aveva promesso: "Tra 15 giorni mi dimetto da parlamentare e da presidente di un'importante commissione, quella sugli errori sanitari. Mi dimetto e farò il sindaco".

La previsione di diventare primo cittadino l'ha azzeccata. Quella sulle dimissioni ancora no. La legge e la Corte Costituzionale stabiliscono l’incompatibilità tra gli incarichi di sindaco e di deputato. Ma Orlando è sopra la legge, almeno per ora.

Sono passati due mesi, e lui ha ancora il suo scranno in Parlamento. Non contento, l'ex portavoce dell'Italia dei Valori il 4 maggio scorso ad uno dei comizi di chiusura della campagna elettorale palermitana era tornato sull'argomento ribadendo che "fra tre giorni mi dimetterò da parlamentare, ma sarò sindaco di Palermo".

Poi tutto venne rimandato al ballottaggio del 21-22 maggio, ma tre giorni prima Orlando ripete la promessa. Non succede nulla. Se non che il 31 maggio il neo sindaco dichiara alla stampa di aver spedito "una raccomandata con ricevuta di ritorno alla Giunta della Camera dicendo che si sarebbe dimesso nei termini della legge" e fuga ogni dubbio sulla sua conoscenza delle leggi: "Mi sono candidato per fare il sindaco di Palermo, ben sapendo che tale carica non è compatibile con quella di Deputato. Sono e sarò il Sindaco per i prossimi cinque anni".

Passano i giorni e non succede ancora nulla. Se non che la giunta vota l'incompatibilità di Orlando. Per legge, il neosindaco ha trenta giorni per "optare per una due delle due cariche". Orlando non ha ancora optato.

"E' da più di un mese sindaco di Palermo e non si è ancora dimesso da deputato come invece aveva solennemente annunciato in campagna elettorale e come dice ogni settimana da ormai più di un mese; un pessimo esempio per uno che si definisce -solo a parole- anticasta ed invece si comporta come il massimo esponente di una casta che bada solo al potere e al doppio stipendio. Inoltre, la legge gli imponeva di dimettersi e per non avere ottemperato la Camera ha iniziato qualche giorno fa una procedura di espulsione che si concluderà entro 30 giorni. Una pessima storia per uno che si definisce paladino della legalità (altrui)", ha tuonato Giuseppe Vatinno, primo dei non eletti nella circoscrizione Lazio 1 Camera, che subentrerebbe ad Orlando.

Secondo quanto riportato da LInkiesta, che cita una fonte romana, "Orlando starebbe facendo tutto ciò perché spinto da Di Pietro, il quale avrebbe chiesto ad Orlando di rallentare". Motivo? "Giuseppe Vatinno, non sarebbe più dell'Idv, ma oggi sarebbe con Rutelli".

Il 5 giugno scorso, il sinnacollando (la crasi in dialetto siculo di sindaco e Orlando) parlando a Radio24 continuava intanto a reiterare la promessa. Repetita iuvant. "Mi dimetto appena divento sindaco. Settimana prossima presumibilmente il Consiglio comunale verrà insediato: io giurerò, solo in quel momento per la legge siciliana, che è a Statuto speciale, si diventa sindaci. E mi dimetterò subito dopo", ha spiegato l'ex fondatore de La Rete.

Non contento, Orlando ha spiegato meglio le sue intenzioni: "Il giorno dopo la proclamazione io ho mandato una lettera al presidente della Giunta per le elezioni confermando le mie intenzioni di dimettermi dalla Camera e confermando che mi sarei dimesso il giorno del giuramento davanti al Consiglio comunale. Io sono già formalmente dimissionario".

Sarà pure formalmente dimissionario, ma al momento è ancora formalmente un parlamentare italiano. Alla faccia della trasparenza. Ma Orlando non è nuovo a questo genere di comportamenti. Basti ricordare tutte le volte che aveva assicurato che non si sarebbe mai più candidato a sindaco di Palermo, giurandolo in tutte le lingue del mondo (persino in aramaico), per rendersi conto che le promesse di Orlando sono solo parole al vento.

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