Politica

S'inventano una figlia per far ricatti su Facebook

A volte più che «rete» bisognerebbe chiamarla «la trappola». Quante storie di persone incastrare dai social network, spesso giovani e giovanissimi. Storiacce di pedofilia, di ami ed esche gettare per carpire la buonafede di ragazzini sprovveduti. O a volte profili fasulli utilizzati come armi per insultare, umiliare, sputtanare.
L'ennesimo racconto arriva da Varese e dimostra ancora una volta come il mondo virtuale stia impossessandosi sempre più di quello reale. Foto finte, ritoccate, esistenze modificate con un clic, magari solo per spiare. A volte per colpire.
Per questo i carabinieri della Stazione di Arluno (Milano) hanno arrestato una coppia di coniugi della provincia di Varese per estorsione ai danni di un impiegato.
I mostri travestiti da agnelli grazie ai clic di internet in sostanza stavano utilizzando un malefico stratagemma. In sostanza, fingendo di avere una inesistente figlia di 13 anni, avevano adescato si erano fatti adescare -questo non è chiaro- l'impiegato quarantenne separato. L'uomo scriveva la coppia (entrambi disoccupati) fingendosi l'adolesce - e si era messa in contatto con il compagno di chat cominciando così una serie di scambi di messaggi su Facebook. Alla fine forse dopo una serie di messaggi troppo osè hanno messo in atto il loro vero piano. Overo il ricatto perfetto. «Abbiamo scoperto la corrispondenza tra te e nostra figlia, o paghi o ti denunceremo come pedofilo». Tutto era cominciato nel dicembre scorso e l'incauto impiegato aveva scambiato con presunta tredicenne anche il numero di telefono. Tra i «due» era iniziato un fitto scambio di sms - ricostruiscono i carabinieri - anche molto intimi, senza però mai arrivare ad incontrarsi.
Dopo poco, l'uomo ha ricevuto una telefonata dal numero di telefono della nuova amica nella quale un uomo gli riferiva che quel numero e quella donna con cui aveva chattato e parlato era in realtà una ragazzina 13enne, la figlia.
È poi arrivata una serie di minacce e richieste di denaro, per 30.000 euro, che l'impiegato ha consegnato all'uomo e alla moglie per paura lo denunciassero e raccontassero ai suoi datori di lavoro l'accaduto e lo facessero credere un pedofilo. Finché dopo l'ennesima richiesta estorsiva
ha denunciato tutto ai carabinieri. A questo punto si è scoperta che la ragazzina non esisteva, si trattava solo dell'amo con cui la coppia lui di 42, lei di 50 anni, cercava di «pescare» qualche internauta troppo ingenuo.
I militari in borghese, all'ennesimo appuntamento per la consegna del denaro, si sono presentati con lui, appostati in zona. La vittima avrebbe dovuto consegnare 1.000. Hanno fatto appena in tempo a prendere la busta, quando le manette gli si sono strette attorno ai polsi.

L'accusa per loro è quella di estorsione.

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