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"Sono una donna, non sono una bambola"

"Sono una donna non sono una bambola"  è il manifesto, sottoscritto da centinaia di donne di ogni età e professione, a sostegno del Pdl e del Cavaliere

"Sono una donna, non sono una bambola"

"Sono una donna non sono una bambola". E' il titolo di un'iniziativa, presentata al Circolo della stampa di MIlano, per presentare il programma del Pdl per le donne. Come si legge nel manifesto a pagamento pubblicato su diversi quotidiani, sono "donne normali, donne che lavorano in casa o in ufficio o in fabbrica, donne che studiano o che cercano, a fatica, un impiego". Donne come tante, accomunate da una cosa: il 24 e 25 febbraio voteranno Berlusconi. E, tengono a precisare, "siamo stanche di essere considerate per questo donne di serie B, donne che si fanno sfruttare dagli uomini, bambole, come ha detto l'esponente di un noto partito, prive di cervello".

"Che ci sia un po' di maschilismo in ogni partito è sotto gli occhi di tutti, però noi abbiamo un leader che crede fermamente nelle donne", ha detto Daniela Santanchè. "Berlusconi aveva dato diversi ministeri a tante giovani donne e si è battuto anche ora per mettere tante donne nelle nuove liste. Non ci sono mai stati atteggiamenti che ci hanno fatto vergognare di far parte di questo movimento". Quando le hanno chiesto un commento sull’uscita dal partito di due donne, Giorgia Meloni e Viviana Beccalossi, ora tra le fila di Fratelli d’Italia, a loro dire proprio a causa di alcuni imbarazzi, Santanchè ha risposto: "Non vogliamo essere giudicate e non vogliamo giudicare. Noi siamo sempre più orgogliose del Pdl, perchè mentre il centro sinistra si è lavato le mani con le quote rosa, noi donne del Pdl le nostre posizioni andiamo a prendercele".

Polemica per le foto del manifesto

Le tre donne ritratte nel manifesto "Sono una donna non sono una bambola" sono modelle. Ad accorgersene è il giornalista Filippo Sensi (vicedirettore di Europa). Le immagini "standard" sono state usate per comporre graficamente il manifesto. Come un normale manifesto pubblicitario. Nessuno scandalo.

Quello che conta, infatti, sono le firme (vere) in calce al manifesto.

 

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