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"Sono passati 60 anni. Ma l'antisemitismo non è ancora finito"

Moshe, superstite della Shoah, ha salutato il Papa in occasione della sua visita al memoriale dell'Olocausto

Il volto carico di emozione; gli occhi fissi sulla fiamma perenne che arde nel memoriale che ricorda sei milioni di ebrei uccisi nei campi di concentramento dalla furia nazista. Tra le vittime c'è anche la famiglia di Moshe Ha-Elion, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau quando aveva 18 anni.

Moshe è greco, di Salonicco, classe 1925; è uno dei sei sopravvissuti che ha salutato il Papa durante la toccante visita di ieri mattina allo Yad Vashem, memoriale della Shoah a Gerusalemme. «Un sopravvissuto in nome di ogni milione di ebreo ucciso dai nazisti», ha detto. «La visita del Papa è molto importante per tutti noi, per rafforzare il dialogo tra ebrei e cristiani, ma anche per lanciare messaggi di pace universale. Spero con tutto il cuore – ha detto - che la situazione mondiale migliori».

Per Moshe, che ora ha quasi 90 anni, il Pontefice argentino è uomo di pace. «Già prima della sua visita in Israele ho apprezzato in più occasioni come il Papa sia una persona che vuole la riconciliazione e la pace tra tutti».

L'incontro di preghiera in Vaticano tra Peres e Abu Mazen? «Speriamo serva, ma passare dalle parole ai fatti non è facile». Dal sopravvissuto non sono mancate parole dure di condanna dell'attentato avvenuto al Museo ebraico di Bruxelles.

«Non è una cosa nuova - ha affermato – l'antisemitismo è sempre forte, per certi versi non è cambiato nulla da 60 anni a questa parte».

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