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Spaccio, arresti sospesi

Una legge del ministro Lorenzin ha ridotto a 4 anni la pena massima per chi vende qualunque tipo di stupefacenti. Così mandare i pusher in carcere diventa impossibile

Spaccio, arresti sospesi

E chissà se il signor Dambo Bay, nato in Mali nel 1973, catturato mentre spacciava droga e condannato a nove mesi di carcere, quando il giudice lo ha scarcerato ha capito che a restituirgli la libertà era un comma infilato chissà perché dai deputati e senatori italiani in fondo a un articolo di legge. Chissà se l'ha capito Youssef Bentaja, anche lui catturato in flagrante e condannato a un anno e sette mesi, e anche lui ritornato miracolosamente libero cittadino. Come loro, sono tornati liberi in una valanga. Solo ieri, il tribunale di Milano ne ha liberati quaranta. Tutti signori che la polizia e i carabinieri avevano arrestato mentre vendevano droga, nelle zone della movida, nei giardinetti, un po' ovunque per Milano. La legge ora impedisce di arrestarli. Di fatto, lo spaccio in Italia da due settimane, silenziosamente, è stato depenalizzato. Gli spacciatori di qualunque droga, non solo l'hashish e la marijuana, da tempo al centro di campagne di legalizzazione, ma anche l'eroina, la cocaina, l'ecstasy, possono venire arrestati ma non chiusi in carcere. Se le forze dell'ordine li individuano e li bloccano, il massimo che rischiano è una notte in guardina. Di fatto non vengono più arrestati e se la cavano con una denuncia a piede libero. Verranno processati, prima o poi, se qualcuno riuscirà a rintracciarli: perché un'altra legge garantista, anch'essa entrata in vigore in silenzio nelle scorse settimane, rende quasi impossibili i processi in contumacia.
È questa, passata sotto silenzio, la vera legge svuotacarceri. È arrivata quasi in contemporanea con l'altra decisione buonista, quella della Cassazione che - sull'onda di una sentenza della Corte costituzionale - ha deciso che vanno riviste tutte le condanne, anche se già definitive, inflitte in base alla legge Fini-Giovanardi, che metteva sullo stesso piano lo spaccio di droghe leggere e pesanti. Ma perché la sentenza della Cassazione faccia sentire i suoi effetti concreti ci vorranno mesi: perché la Procura della Repubblica e il tribunale di ogni città verranno investiti da migliaia di cosiddetti «incidenti di esecuzione» istanze di spacciatori condannati che chiederanno di rivedere al ribasso le pene loro inflitte. Invece, il decreto legge pubblicato sulla Gazzetta del 20 maggio, dal giorno successivo è legge dello Stato. E riguarda tutti: chi vende il breve rimbambimento della «canna» o la bustina che ammazza.

La norma liberatutti se ne sta appollaiata nelle pieghe della legge numero 79 di quest'anno, presentata dal governo il 21 marzo, approvata dalla Camera il 30 aprile e dal Senato, con encomiabile speditezza renziana, il 14 maggio, dopo essere passata al vaglio congiunto delle commissioni Giustizia e Affari sociali dei due rami del Parlamento. La legge non doveva occuparsi di carcere e pene, ma solo di «prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza», e infatti portava la firma solo del premier Renzi e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Ma in sede di conversione, tra l'indifferenza generale, qualcuno ci ha messo le mani. E confuso nelle massa dei commi e dei rimandi è comparso l'articolo che stabilisce che per lo spaccio al minuto la pena è «della reclusione da sei mesi a quattro anni». Uno sconto di pena sostanzioso rispetto al vecchio comma che puniva lo stesso reato con il carcere da uno a sei anni. E soprattutto una rivoluzione copernicana per quanto riguarda il carcere preventivo. Portando la pena massima sotto il tetto dei cinque anni, il comma rende impossibile per legge le misure cautelari in carcere. I giudici non possono fare altro che prenderne atto, e le forze di polizia anche. Certo, ci sarebbe la possibilità di mandare gli spacciatori agli arresti domiciliari. Ma i venditori di morte, ultimi terminali di organizzazioni potenti, sono quasi sempre apolidi senza fissa dimora, pronti a riscomparire nel nulla appena gli vengono sfilate le manette.

E pronti, salvo rari casi, a tornare a spacciare.

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