Politica

Spending review, sulle ricette farmaci senza marchi

Il dottore dovrà indicare solo il principio attivo. Critici i medici di famiglia

Roma - Dovremo disabituarci alla scorciatoia dei marchi e rassegnarci a leggere nelle ricette e tradurre in prodotti da acquistare, nomi un po' più complicati, come Idroclorotiazide, Omeprazolo o Ethinylestradiol. È la novità emersa ieri, nelle ultimissime battute della spending review in commissione Bilancio del Senato. Un emendamento prevede che i medici dovranno indicare nella ricetta il solo principio attivo se per la prima volta prescrivono un farmaco a un malato cronico e nel caso di prescrizione per patologie non croniche per le quali esistono più farmaci equivalenti. Per fare un esempio con il farmaco da banco più famoso (che non necessità di ricetta), non più Aspirina, ma paracetamolo. Se il medico specificherà il «brand», allora dovrà anche specificare perché. La novità è stata criticata aspramente dai medici di famiglia, secondo i quali così si mette a rischio la salute dei pazienti, inducendoli a confondere i nomi, e da Farmindustria. Un fatto «vergognoso», ha detto il presidente Massimo Scaccabarozzi: «Questo è un attacco all'industria farmaceutica e - aggiunge provocatoriamente - saremo davvero costretti, a questo punto e per effetto di tali norme a chiudere le nostre aziende».
Tra le altre novità, spunta anche un emendamento «Lusi» nella spending review. Ispirato, spiegavano ieri membri della commissione Bilancio del Senato, da ambienti della Margherita, reduce dallo scandalo che ha portato in carcere l'ex tesoriere del partito centrista confluito nel Pd. L'intento è restituire, o meglio dare la possibilità di restituire allo Stato, i soldi del finanziamento pubblico dei partiti che non esistono più. Le risorse residue dei partiti che si sciolgono, prevede la proposta di modifica presentata dai relatori, Gilberto Pichetto Fratin (Pdl) e Paolo Giaretta (Pd), potranno andare al Fondo del 5 per mille che finanza la ricerca e il volontariato. Andati a vuoto i tentativi, soprattutto della Lega, di prevedere che la restituzione dei fondi diventi un obbligo e non una possibilità.
Il decreto è stato approvato nella notte di sabato in commissione Bilancio del Senato e domani approderà in Aula, probabilmente con la fiducia. «Puntiamo a chiudere lunedì», ha confermato ieri il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo.
Tra le modifiche più criticate quelle al capitolo province. I requisiti degli accorpamenti sono rimasti invariati, secondo le indicazioni del ministro Filippo Patroni Griffi. «Arriveremo a un dimezzamento», ha confermato ieri. La novità è in realtà che si allungano i tempi e che vengono ampliati i poteri delle regioni. Saranno i governatori a decidere come organizzare la fusione delle province e quali poteri lasciare.

Novità accolta con favore dall'Unione delle province, che si è battuta per lasciare all'ente intermedio le competenze sulla scuola.

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