Politica

Stato-mafia, Napolitano a D'Ambrosio: "Colpiscono lei per colpire me"

Dopo la pubblicazione delle telefonate con Mancino, il Colle scrive a D'Ambrosio e critica il tentativo di colpire il Quirinale

Stato-mafia, Napolitano a D'Ambrosio: "Colpiscono lei per colpire me"

Tra il 18 e il 19 giugno 2012, uno scambio epistolare tra Giorgio Napolitano e il consigliere Loris D'Ambrosio rassicura il Presidente della Repubblica sull'assenza di "pressioni o ingerenze" volte a favorire il senatore Mancino. E di rimando il consigliere sul fatto che quello in atto è un tentativo di colpire il Quirinale, passando dalla persona di D'Ambrosio.

La prima lettera, quella scritta da D'Ambrosio, viene inviata alla Presidenza dopo che molti giornali avevano dato spazio alle conversazioni telefoniche tra Napolitano e il senatore Nicola Mancino, intercettato nell'ambito di un'indagine della Procura palermitana.

D'Ambrosio: "Nessuna pressione per Mancino"

"Non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che, anche minimamente potessero tendere a favorire il Senatore Mancino o qualsiasi altro rappresentante dello stato comunque implicato nei processi di Palermo, Caltanissetta e Firenze", scriveva D'Ambrosio al Presidente il 18 giugno. Aggiungendo di non conoscere "il contenuto delle conversazioni intercettate", ma che quanto "fatto emergere serve a far capire che d'ora in avanti ogni più innocente espressione sarà interpretata con cattiveria e inquietante malvagità".

Napolitano: "Colpiscono lei per colpire me"

Il giorno dopo la risposta di Napolitano, che a D'Ambrosio ricorda "l'affetto e la stima che le ho dimostrato in questi anni", "neppure sfiorati dai tentativi di colpire lei per colpire me". Il Presidente rassicura il consigliere, mettendolo in guarda dai tentativi di attaccare il Quirinale: "Ce ne saranno ancora". Ma rassicura: "Li fronteggeremo insieme come abbiamo fatto negli ultimi giorni. E la sua vicinanza e collaborazione resterà per me preziosa fino alla conclusione del suo mandato".

Il Presidente della Repubblica giudica "ineccepibili" i comportamenti del suo consigliere e accusa fortemente "comportamenti perversi e calunniosi di quanti, magistrati, giornalisti e politici, non esitano a prendere per bersaglio anche lei e me".

Le due lettere vengono pubblicate oggi per la prima volta, in Sulla Giustizia, volume che segue gli interventi del Capo dello Stato e del presidente del Csm tra 2006 e 2012. Lo stesso Napolitano in passato ha ripetuto molte volte che il suo collaboratore aveva subito "una campagna violenta" fatta di "insinuazioni".

Nessuna interferenza sull'inchiesta

"Si è tentato di mescolare - dice Napolitano da Scandicci - il travagliato percorso delle indagini giudiziarie" con la richiesta di conflitto d'attribuzione, che è stata invece "una decisione obbligata per chi abbia giurato davanti al Parlamento di osservare lealmente la Costituzione". La decisione del Quirinale è stata ispirata "a trasparenza e coerenza".

Il Presidente della Repubblica sottolinea poi che non ci sono state interferenze sull'inchiesta Stato-mafia.

Commenti