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Renzi avvisa i manager pubblici: "Presto i tagli, giustizia sociale"

Renzi: "Torniamo ad un principio di giustizia sociale". Della Valle, patron di Tod's e socio di Ntv, a gamba tesa su Moretti: "Se ne vada". Ma i bilanci sono dalla parte dell'ad di Fs

Renzi avvisa i manager pubblici: "Presto i tagli, giustizia sociale"

Il dibattito sugli stipendi dei manager pubblici si fa sempre più infuocato. Il premier Matteo Renzi non cambia idea e chiede che si torni a "un principio di giustizia sociale": "Non è possibile che l’ad di una società guadagni mille volte in più dell’ultimo operaio". E lo scontro a distanza con l’ad delle Fs Mauro Moretti, che ha minacciato il governo di lasciare l'incarico in caso di un'ulteriore decurtazione del compenso, si allarga a macchia d'olio coinvolgendo anche sindacati e società civile. "Se vogliamo davvero cambiare l’Italia e riportare al centro dell’attenzione gli interessi ed i bisogni dei cittadini e non quelli delle vecchie corporazioni - ha tuonato Diego Della Valle, patron di Tod’s e socio di Ntv - gente come Moretti deve essere mandata a casa subito e con determinazione". Una posizione dura che, però, fa l'eco all'ultimatum lanciato ieri sera dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: "Se un manager ha voglia di andare via è libero di trovare sul mercato chi lo assume a uno stipendio maggiore".

Ormai il refrain degli "anti casta" è sempre lo stesso: si inizi a tagliare dagli stipendi dei manager pubblici. A fare da capro espiatorio è, suo malgrado, Moretti che nel 2012 ha percepito poco più di 870mila euro. Uno stipendio da invidiare, certo, ma che, ha fatto notare lo stesso ad di Ferrovie, è comunque meno di quanto porta a casa Michele Santoro. E, in ogni caso, è già stato decurtato dopo un primo intervento di spending review. Di più, però, Moretti non è disposto a scendere: "Prendo la metà del mio predecessore che ha lasciato due miliardi di perdite mentre io le Ferrovie le ho riportate in utile: 450 milioni di utile". Il renziano Della Valle, però, non è d'accordo. "Se Moretti avesse il coraggio e la dignità di andarsene, troverebbe milioni di Italiani pronti ad accompagnarlo a casa - ha tuonato il socio di Ntv, la società del treno Italo - sono tutti i viaggiatori costretti a viaggiare con tanti disagi sui treni delle ferrovie Italiane, costretti a subire ritardi ingiustificati, a viaggiare su treni vecchi, ad usare stazioni decrepite e poco sicure, senza nessun rispetto per la loro dignità". Più che un attacco nel merito della spending review, quello del patron di Tod's suona più come una stroncatura della gestione di Ferrovie dello Stato: "Bisogna fare chiarezza su tutti i rapporti che intercorrono fra le Ferrovie, Moretti e i politici che, tranne qualche rara eccezione, sono completamente appiattiti su di lui, permettendogli di fare tutto quello che vuole".

Anche la politica, però, non si è affatto dimostrata tenera con Moretti. Per Lupi, unica voce del governo a intervenire nella baruffa, Moretti resta un "manager efficiente" che ha sempre "lavorato bene". "Ma se il padrone, in questo caso lo Stato, decide che rispetto a quello stipendio bisogna dare un segnale anche nella direzione dei cittadini - ha fatto presente il ministro dei Trasporti - giustamente siamo in un mercato libero e credo che se Moretti ha altre offerte, lo può fare tranquillamente". Eppure i numeri sono dalla parte di Moretti: al suo arrivo il gruppo Fs aveva 2,1 miliardi di perdite su un fatturato di 6,7 miliardi di euro; nel 2013, con il sesto bilancio positivo consecutivo, si annunciano utili per 450 milioni e miliardi di investimenti in autofinanziamento. Non gli resta che scalare il monte debiti da 10 miliardi accumulato prima del suo arrivo. Insomma, c'è ancora tanta strada da fare. Resta il fatto che Fs non è certo un altro carrozzone come Alitalia. Per questo i tagli dei compensi non possono essere punitivi.

Altrimenti, quando fra qualche settimana ci sarà trovare uomini capaci di guidare colossi come Eni, Enel o Finmeccanica, Renzi farà fatica a cavar fuori dal cilindro bravi manager.

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