Politica

Una strage, mille verità Ma la piazza di Bologna crede solo alla pista nera

La Boldrini strappa applausi: "Matrice di destra, presto i burattinai". L'ira di Filippi (Pdl): "L'attentato non fu né di destra né di Stato"

La commozione della presidente della Camera Laura Boldrini
La commozione della presidente della Camera Laura Boldrini

I tempi del governo Berlusconi sono lontani. Insieme alla polemiche, agli imbarazzi, ai fischi. Bologna commemora la strage della stazione, 33 anni dopo, e Roma si sintonizza sulle aspettative dei parenti di chi non c'è più. Sul palco ci sono Graziano Delrio, il ministro della vicina Reggio Emilia, e il presidente della Camera Laura Boldrini. Si evocano i mandanti e i burattinai, si chiama in causa la verità, la grande assente di questa storia, si sfoglia l'album del dolore e del sangue rispettando il copione più scontato: quello del massacro fascista. Applausi e tutti d'accordo. Anche se certe tesi non sono mai state dimostrate fino in fondo: le bombe degli anni '60-'70 hanno forse una spiegazione nel retrobottega torbido del neofascismo tricolore, ma i processi hanno chiarito fino a un certo punto. La verità su Bologna è esile e si aggrappa alle responsabilità della coppia Mambro-Fioravanti, condannati in via definitiva fra dubbi e incertezze.
Insomma, in piazza si ripetono sempre gli stessi concetti e si proclamano sempre gli stessi dogmi, nelle aule di giustizia la verità sfugge e si allontana, come è successo per Ustica e per piazza Fontana. Sarà senz'altro colpa dei depistaggi, altro vocabolo tappabuchi del nostro vocabolario, ma fa un certo effetto vedere la distanza che separa le cerimonie dalle sentenze. Così, se a Bologna, alla vigilia dell'anniversario più triste e pesante, con quelle 85 croci sullo sfondo, il consigliere regionale del Pdl Fabio Filippi scrive che il massacro del 2 agosto 1980 non fu né di Stato né fascista, ecco scattare la scomunica. Il messaggio di Filippi è irricevibile. E invece l'Associazione dei familiari delle vittime, un tempo sul piede di guerra e oggi guidata dal deputato Pd Paolo Bolognesi, accoglie a braccia aperte Laura Boldrini e Graziano Delrio. Il sindaco Virginio Merola spiega che la presenza di Delrio rappresenta «una ritrovata sensibilità ed attenzione ad una vicenda che ha bisogno di essere chiarita». «La ragion di Stato di questo governo - gli risponde Delrio -dev'essere la verità». E qual è la verità? Quella «di una strage fascista nel suo pensiero e nella sua negazione della democrazia».
I fascisti veri, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, negano da sempre pur avendo ammesso altri delitti terribili: «No, con Bologna noi non c'entriamo». E allora? Delrio sposa la proposta di Bolognesi che vuole introdurre nel nostro codice il reato di depistaggio. D'accordo, i servizi deviati sono quasi un luogo comune della storia del nostro dopoguerra, ma non è detto che questo fervore all'insegna dell'antifascismo militante possa diradare le tante nebbie del nostro passato. Su Bologna continuano ad intrecciarsi piste diverse: dall'incidente di percorso a quella mediorientale. Chissà. Per Laura Boldrini abbiamo «gli esecutori, ma mancano i mandanti, i burattinai, gli strateghi che pianificarono la carneficina». La piazza applaude.

I morti aspettano ancora.

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