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La strana latitanza in hotel con carta di credito e cellulare

Troppe anomalie sulla presunta fuga per sfuggire alla sentenza. La Dia lo aveva individuato in Libano il 3 aprile, è scritto nella richiesta di arresto

La strana latitanza in hotel con carta di credito e cellulare

Questa è la storia di una finta «cattura», se per cattura si intende quella di un latitante che si è dato alla macchia e viene scovato. La finta cattura di un latitante, Marcello Dell'Utri, che tale non sembra davvero, visto che gli inquirenti sapevano benissimo che era in Libano («dal 3 aprile», è scritto nell'ordine d'arresto). Un latitante a dir poco sui generis, e che da latitante non si è comportato, considerato che stava in uno degli alberghi più noti di Beirut, e usava telefonino cellulare e carta di credito, cioè i mezzi più tracciabili al mondo. Uno che vuol nascondersi e si comporta così, non ha chance: o è stupido, e tutto si può dire dell'ex senatore Pdl tranne che sia uno sciocco; o ha una voglia matta di essere catturato, e fa di tutto per essere rintracciato; oppure ancora, semplicemente, non è un latitante, e quindi non prende precauzioni perché non si nasconde.

Ci sono troppe incongruenze e aspetti che non tornano nella latitanza di un Marcello Dell'Utri che sino all'ordine d'arresto chiesto dai giudici palermitani lo scorso 7 aprile e che ha avuto il via libera il giorno dopo, l'8 aprile, era un normale cittadino, condannato, sì, in tre processi - quello di primo grado e i due d'appello - ma ancora un presunto innocente, se l'articolo 27 della Costituzione non è solo un'opinione, in attesa di sentenza definitiva. Esaminiamo i fatti. Il caso esplode due giorni fa, quando lo scoop del cronista Riccardo Arena, sulla Stampa e sul Giornale di Sicilia, rivela la notizia: la corte d'appello di Palermo ha emesso un ordine di arresto di Dell'Utri, ma non è stato possibile eseguirlo perché l'ex senatore Pdl non è stato trovato. Può essere in Guinea Bissau, a Santo Domingo, oppure in Libano. Da Beirut arriva una smentita: l'Ansa cita «fonti ben informate a Beirut» che escludono che il ricercato sia nella capitale libanese.

Ma che Dell'Utri si trovi a Beirut, o che almeno a Beirut si trovasse il 3 aprile, dunque pochi giorni prima dell'ordine di arresto che porta la data del 7 aprile, lo dicono i giudici. Guardate cosa scrive il pg nella richiesta d'arresto: «La Dia, grazie a particolari indagini tecniche effettuate, ha localizzato in data 3 aprile un'utenza mobile sicuramente riferibile a Dell'Utri proprio nei dintorni della città libanese di Beirut». E dove sta Dell'Utri? È ospite di qualche amico compiacente? È in qualche casa isolata, cellulare disattivato (anche i bambini sanno che il telefonino, se non togli la batteria, dice dove sei anche da spento) e pile di libri a fargli compagnia? Ma no, Dell'Utri sta nel centro di Beirut, in un notissimo hotel a cinque stelle, il Phoenicia, panorama mozzafiato sul Mediterraneo, piscina da mille e una notte e altre amenità. E che fa Dell'Utri, oltre ad accendere il telefonino e a far sapere, appena appreso di essere diventato un latitante, che non intende sottrarsi alla sentenza? Usa pure la carta di credito. Anche se ha con sé, dicono da Beirut, «alcune decine di migliaia di euro» in contanti. Decisamente più pratici se non devi lasciare tracce. Proprio un dilettante, come latitante.

Che accadrà ora? Tutto dipende dall'udienza di convalida del fermo, fissata per domani. Dell'Utri potrebbe essere trattenuto sino all'estradizione. Oppure potrebbe essere rimesso in libertà.

Di certo difficilmente, come vorrebbero i giudici, sarà in Italia per il verdetto di martedì della Cassazione.

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