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Stuprata all'uscita da un locale C'è un sospettato ma resta libero

Stuprata all'uscita da un locale C'è un sospettato ma resta libero

Violentata in pieno centro città. In una delle poche zone della movida bergamasca dove già da metà settimana si accendono i fari. A due passi dall'Accademia Carrara, una delle più famose pinacoteche d'Italia, dalla chiesa di Santa Caterina e da un Liceo, in uno dei quartieri più eleganti: lo chiamano il Borgo d'oro, qui. Strade e stradine dove anche a ora tarda si ode lo scalpiccio e il chiacchiericcio dei nottambuli.
La vittima è una ragazza di 24 anni, studentessa universitaria residente a Verdellino, zona Dalmine. Era partita per incontrare un paio d'amiche, appuntamento al «Divina», locale trasgressivo della città. Uno di quei posti dove, tra musica e drink, si mescola un'umanità variegata e variopinta. Dove sessi e gusti si confondono, in un mondo che spesso riluce solo al buio.
Era appena uscita da lì la giovane, salutando le compagne di serata, quando è stata aggredita. Duecento metri più avanti, mentre camminava verso la strada senza uscita dove aveva parcheggiato la macchina. Via Alberico da Rosciate.
È accaduto giovedì della scorsa settimana, intorno alle 2.30, ma la notizia è trapelata soltanto ieri.
Da ormai una settimana dunque i poliziotti stanno dando la caccia al maniaco. La ricerca, in realtà sarebbe già arrivata alla fine. C'è un sospettato ben preciso. Un kosovaro.
La dinamica dell'aggressione tutto sommato è solo un dettaglio. Uguale a tante altre. Lui segue la ragazza, le offre un passaggio sulla sua utilitaria bianca, lei rifiuta. Ma il tipo riesce ad arrivarle vicino ed ecco scattare l'aggressione. L'afferra, la scaraventa sul cofano di una vettura e comincia a sfogare la più marcia delle perversioni. Si deve interrompere, però. Non fa a tempo a completare l'«opera». Si sentono voci e passi non lontani, troppo il rischio a questo punto. Il maniaco non ha scelta: risale in macchina, scappa. Dimenticando, però, tanti, troppi particolari. A cominciare dalle telecamere che sorvegliano la zona per finire con le tracce del suo Dna lasciate sulla vittima. Saliva, probabilmente un bacio che non è mai riuscito a rubare. E poi la descrizione fornita dalla vittima: «Parlava italiano, ma con uno accento particolare. Uno di quelli dell'Est.»
Quindi il solito iter, l'inevitabile triste trafila prima di sporgere denuncia. L'universitaria chiama le amiche col telefonino, quindi viene portata in ospedale. Gli accertamenti diranno che qualcosa è accaduto, ma soprattutto sveleranno ciò che la vittima non sapeva. Almeno non ancora: è incinta da qualche settimana. In grembo porta un essere «grande» come un fagiolo, una nuova vita portata da un amore almeno desiderato. Ma lo choc è duplice. Rischia di perderlo? I medici la rassicurano: il feto non ha subito danni. Potrà crescere.
Intanto gli investigatori lavorano. Ci sono i video che riprendono l'auto del maniaco, i tabulati telefonici di chi si trovava in zona a quell'ora diranno il resto. Adesso si sa quasi tutto del presunto responsabile. Sarebbe anche sposato, forse con figli, regolare in Italia.

Vive con la sua famiglia, a Bergamo, e ha circa trent'anni.
Allora una domanda? Perché nessuno l'ha ancora fermato?

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