Politica

Tagliare Irap o Irpef? L'esecutivo è già spaccato

Risorse limitate, soluzione difficile. Il premier e Padoan puntano sul calo dell'imposta per le aziende. Alfano e Sc critici

Una riedizione, rivista e aggiornata, della lotta tra capitale e lavoro si sta consumando dentro la maggioranza (e questo non stupisce), nel governo (un po' più grave), ma anche all'interno del ministero dell'Economia. Il fronte passa in un territorio importantissimo: la riduzione del cuneo fiscale. Tutti gli ultimi governi si sono posti il problema di come ridurre la differenza tra quando il datore di lavoro paga e la somma che il lavoratore si mette effettivamente in tasca.

Renzi ha deciso di giocarsi sul tema la carta più importante dell'inizio mandato e ha fatto capire da subito che vuole concentrare tutte le risorse a disposizione su un solo taglio. O l'Irap, l'imposta regionale sulle aziende, che le imprese considerano il tributo più ingiusto, visto che colpisce soprattutto chi assume. Oppure l'Irpef, cioè l'imposta sulle persone fisiche che grava sulle buste paga dei lavoratori e, in generale, sui redditi.

Una scelta impegnativa. Il premier qualche giorno fa spiegò che forse sarebbe meglio puntare sull'imposta regionale sulle attività produttive che potrebbe essere abbattuta di un terzo, mentre gli sgravi sui redditi si sentirebbero appena viste le scarse risorse a disposizione. E già un pezzo di sinistra si mise in allarme. Il ministro dell'Economia due giorni fa ha ribadito che bisogna scegliere una sola strada perché «questo è il modo per avere l'effetto più efficace dalle risorse coinvolte nell'operazione». Ma non è un mistero che Padoan la pensi come Renzi.

Da ieri i giochi si sono complicati. Anche in modo inaspettato. Si è ad esempio fatto sentire il ministro dell'Interno e leader del Nuovo centrodestra Angelino Alfano sostenendo una tesi opposta a quella di Padoan. «L'azione del governo deve essere duplice, con riduzione dell'Irap per le imprese e riduzione dell'Irpef per i lavoratori». Sgravi a pioggia, quindi. L'esatto contrario di quello che vuole Renzi.

Paradossi della maggioranza che sostiene il nuovo governo, se il Ncd si è ritrovato a sostenere le tesi del lavoro, il Pd - o almeno una parte - si è schierato con il capitale. Il viceministro all'Economia Enrico Morando, democratico anche se della corrente «Liberal», ha detto che vorrebbe intervenire «solo sull'Irap che grava sulle imprese». Gli ha replicato Enrico Zanetti, sottosegretario allo stesso dicastero che è di Scelta civica e quindi dell'ala destra del governo, che si è schierato per «un immediato innalzamento delle buste paga dei lavoratori che guadagnano di meno perché in questo modo i consumi salirebbero più rapidamente».

Il dilemma sarà sciolto mercoledì prossimo. A favore delle imprese (e quindi del taglio dell'Irap), il fatto che le coperture saranno trovate soprattutto con tagli a incentivi e sgravi fiscali a favore delle aziende. E anche il fatto che una riduzione dell'Irap andrebbe a favore di tutti i redditi, non solo quelli da lavoro.

Il governo è a caccia di soldi per accontentare tutti (vedi l'articolo sopra) e ieri l'Ue ha confermato che i fondi europei non potranno essere utilizzati per la riduzione del cuneo fiscale.

Renzi è obbligato a trovare una soluzione, anche perché i segnali di insofferenza si stanno moltiplicando. Confindustria ha messo fretta al governo e i sindacati stanno da giorni martellando l'esecutivo, sostenendo peraltro che il taglio del cuneo da solo non può bastare, mentre servono interventi specifici sul lavoro.

Ma anche il fronte datoriale è diviso sulle priorità. Secondo Maurizio Gardini, presidente Confcooperative, «occorrono entrambi gli interventi.

L'Irap per mettere le imprese nella condizione di assumere le imprese, ma anche l'Irpef per lasciare soldi in più nelle tasche dei lavoratori e rilanciare i consumi».

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