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Taranto sempre più soffocata Fallisce anche l'energia pulita

Non bastasse la paralisi dell'Ilva, bloccata perché inquina troppo, ora rischiano il posto 127 operai dell'impresa che produce turbine eoliche

Taranto sempre più soffocata Fallisce anche l'energia pulita

Taranto - L'ultimo vertice tenutosi l'11 ottobre al ministero dello Sviluppo economico ha prodotto una fumata assolutamente nera bruciando tutte le illusioni: trattative interrotte e assemblea permanente degli operai di Vestas Nacelles, il colosso danese delle turbine eoliche che ha annunciato la chiusura di uno dei tre stabilimenti di Taranto. E così per 127 lavoratori si profila lo spettro della mobilità, l'ennesimo colpo in una città ormai sprofondata in una tragica e per certi versi paradossale tagliola occupazionale che mette a rischio la sua stessa sopravvivenza: perché da una parte ci sono le drammatiche ripercussioni innescate dall'inchiesta sul disastro ambientale dell'Ilva, il colosso del siderurgico ridotto a un gigante d'argilla, affossato da provvedimenti giudiziari e crollo di ordinativi e produzione, finito tra l'altro al centro della procedura di infrazione avviata contro l'Italia dall'Unione europea (che proprio in questi giorni ha fatto sapere di attendere una replica del governo entro novembre); dall'altro versante, invece, c'è la crisi di un settore che alimenta la cosiddetta energia pulita, una multinazionale simbolo della ecosostenibilità.
Insomma, si tratti di pericolosi fumi vomitati dalle ciminiere o salutari folate di vento, alla fine un altro tassello industriale del Mezzogiorno rischia di andare dissolto. Per giunta in una regione dove, al di là di una facciata patinata che racconta di spiagge caraibiche e notti magiche inseguendo le note di pizzica e tarantelle varie, si consuma il dramma di una disoccupazione che nel secondo trimestre 2013 ha toccato il 19,1% e con riferimento a quella giovanile nel 2012 ha raggiunto l'inquietante livello del 41,5% (fonte Istat).

L'ennesima emergenza è scattata il primo ottobre, quando dalla direzione dello stabilimento Vestas Nacelles è partita la comunicazione alle rappresentanze sindacali del licenziamento dei 127 dipendenti. Colpa della crisi, che si è materializzata in riva allo Ionio con un drastico calo delle commesse e in particolare della V90, una macchina eolica ormai ai margini di un mercato che invece si alimenta prevalentemente con i nuovi modelli V112. Il punto è che queste turbine di ultima generazione vengono realizzate in Danimarca e Spagna, dove con ogni probabilità sarà trasferita la produzione pugliese. «Non è possibile demolire quello che si è costruito, proporrò lo scioglimento del Consiglio comunale», avverte il sindaco di Taranto, Ignazio Stefano, espressione di Sel, il partito del governatore Nichi Vendola. Il primo cittadino chiede con urgenza un salvagente al governo in una realtà che sta affondando. «Se non ci sosterranno in questa battaglia mi dimetterò, non possiamo chiudere l'unica impresa che non inquina», dichiara.

La vertenza tre settimane fa è sbarcata a Roma. Ma se in un primo momento sembrava ci fosse qualche spiraglio certificato dalla sospensione provvisoria degli esuberi, l'ultimo vertice al ministero dello Sviluppo economico ha cancellato ogni illusione: il tavolo è saltato, i sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm hanno dichiarato l'assemblea permanente degli operai. Che oggi scenderanno in piazza e sfileranno per le vie della città. Perché adesso qui, in una delle ultime capitali industriali del Mezzogiorno che per decenni ha legato il proprio destino al siderurgico, i timori si mescolano alla rabbia. E dopo mesi scanditi da appelli a investire nelle energie pulite mettendo da parte il vituperato acciaio, l'annuncio dei licenziamenti suona come una tragica beffa anche a livello politico per i paladini della tanto sbandierata reindustrializzazione ecologica. E non è tutto. Perché Vestas a Taranto ha altri due stabilimenti, in ballo complessivamente c'è la sorte di 700 dipendenti. E un drammatico effetto domino sarebbe fatale in una città che pare ormai lasciata alla deriva nei suoi suggestivi due mari.

Che adesso riflettono soltanto paura e disperazione.

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