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In toga ma schierati coi teppisti: i pm che tifano no global

Il colmo di Pepino, fondatore di Md: per lui l’inchiesta di Caselli sui No Tav è "repressione"

In toga ma schierati coi teppisti: i pm che tifano no global

Non sono insospettabili né tentano di dissimulare. Hanno un credo. E ci mettono la faccia. Sono i pm «amici» dei no global. Scrivono libri, firmano appelli, partecipano alle marce. E, spesso, si ritrovano a occuparsi – con la toga sulle spalle – proprio dei poliziotti finiti nei guai per gli scontri con gli antagonisti. Tra i più vicini alle istanze dei manifestanti c'è l'ormai ex giudice Livio Pepino, fondatore della corrente rossa di Md. Negli ultimi mesi ha mandato in libreria un pamphlet dal titolo significativo: «Non solo un treno... La democrazia alla prova della Val Susa». Pepino ha duramente contestato l'inchiesta condotta dal procuratore Gian Carlo Caselli sui No Tav, definendola «repressione» giudiziaria. Ed ha annunciato querela al deputato Pd Stefano Esposito che ha rivelato come il figlio di Pepino, Daniele, leader dei centri sociali torinesi, abbia abbracciato la causa dei para-terroristi curdi del Pkk.

Nella lista delle toghe sensibili alle lotte di piazza ci sono l'ex giudice bolognese Libero Mancuso, fratello di Paolo, big boss di Md in Campania, e la collega milanese Nicoletta Gandus. Il primo è finito davanti alla sezione disciplinare del Csm (poi prosciolto) per aver detto che «è più difficile indagare su Genova (il riferimento è al G8, ndr) che sulla strage di Bologna» perché «ogni volta che pezzi dello Stato debbono rispondere di episodi così rilevanti penalmente scattano protezioni e coperture». La seconda, invece, componente della Corte che ha condannato Silvio Berlusconi in primo grado nel processo Mills, ha partecipato al Forum No Global di Porto Alegre e, insieme ad altri colleghi di Md, ha firmato decine di appelli per l'abrogazione delle leggi varate dal centrodestra bollandole come figlie della «cultura dell'illegalità». Caso a parte è quello del giudice Alfredo Guardiano che, all'indomani del Global Forum di Napoli (17 marzo 2001), sottoscrisse un documento contro la repressione poliziesca di quei giorni. Con lui firmarono altri magistrati come Enzo Albano (recentemente scomparso), Vincenzo Piscitelli, Francesco Rugarli, Carlo Spagna, Tina Nocera, Enzo Lomonte, Lucia La Posta, Annalisa De Tollis, Enrico Campoli, Linda D'Ancona, Lucia Aschettino e Nicola Quatrano.

Dieci anni dopo, Guardiano si ritroverà a far parte della corte che condannerà 10 poliziotti indagati per le violenze del Global Forum. Lo stesso collegio manderà invece assolti i no global (compreso l'ex parlamentare Francesco Caruso) che avevano assaltato le forze dell'ordine. Si diceva di Nicola Quatrano. Ha preso parte al corteo del Global Forum, insieme ai figli, e poi alla marcia contro la riapertura della discarica di Chiaiano (partecipazione quest'ultima che gli ha creato qualche grattacapo, poi risolto, col Csm). Altri rischi li hanno corsi i magistrati che chiesero gli arresti dei poliziotti condannati da Guardiano (i pm Mancuso, Del Gaudio e Cascini) e il gip Isabella Iaselli che li concesse (di lei, i giornali scrissero che fosse convivente con un no global, ma l'inchiesta ministeriale venne rigettata dal ministro Castelli dopo le verifiche di rito). L'ultima chicca sul tema è di appena 48 ore fa: dal Guatemala, notoria culla del diritto, il pm Antonio Ingroia ha messo in guardia dal pericolo della «militarizzazione dell'ordine pubblico» raccontando di sei manifestanti uccisi da poliziotti, poi finiti in manette. Un paragone un tantino esagerato.

Solo un po'.

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