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Tregua già finita: la Giunta non trova l'accordo sui tempi

Decadenza di Berlusconi, l'ufficio di presidenza che doveva fissare il calendario si chiude con un nulla di fatto. Tutto rinviato a oggi

Tregua già finita: la Giunta non trova l'accordo sui tempi

Roma - Alla Giunta per le immunità del Senato è lotta all'ultimo giorno. La tregua che ha disteso gli animi nella riunione della sera prima a Sant'Ivo alla Sapienza sfuma con le luci del giorno e sulla decadenza da parlamentare di Silvio Berlusconi salta ogni accordo.
La riunione dell'Ufficio di presidenza, che ieri doveva fissare il calendario dei lavori, si chiude con un nulla di fatto perché l'unanimità necessaria non si trova: anche per un solo giorno di differenza, Pd-M5S-Sc che vogliono andare avanti ad oltranza non cedono al Pdl che chiede più tempo per approfondire.
Tutto è rinviato alla seduta della Giunta delle 15, quando a maggioranza si voterà il calendario e si deciderà se iniziare subito il dibattito, cui sono stati assegnati 900 minuti (15 ore), sulla relazione del pidiellino Andrea Augello che propone di convalidare l'elezione di Berlusconi.
Il presidente Dario Stefàno (Sel) prepara una mediazione e assicura: «Sui tempi siamo stati strettissimi, non abbiamo perso un'ora! Entro 15 giorni andremo in aula». E per la vicepresidente Stefania Pezzopane (Pd) il voto finale «ci potrebbe essere anche prima del 15 ottobre», quando il Cavaliere dovrà scegliere tra servizi sociali o detenzione domiciliare.

È Benedetto della Vedova di Scelta Civica a spiegare che cosa probabilmente accadrà: «La bocciatura della convalida non implica automaticamente la decadenza. Il presidente affiderà a chi ha votato contro una nuova relazione che conterrà la richiesta della decadenza. Questo voto arriverà in tempi certi, la procedura successiva sarà misurabile in settimane». Ieri, sinistra e grillini insistevano per andare avanti ad oltranza. Il Pd voleva chiudere la discussione questa settimana, poi insieme a Scelta Civica ha concesso di arrivare a lunedì, al massimo martedì mattina e votare giovedì. Il M5S voleva lavorare anche il fine settimana.

Normalmente, la Giunta si riunisce una volta a settimana ma tutto è eccezionale in questo che è il caso-Berlusconi. «La legge Severino - afferma Stefàno - ci indica la strada dell'immediatezza, che noi abbiamo seguito sin dall'inizio. E anche il calendario dei lavori non può essere ordinario».
Una corsa inaccettabile per il Pdl, che voleva iniziare a discutere lunedì e votare non prima di venerdì. «Si sta alterando la prassi e impedendo una discussione approfondita su temi delicatissimi», protesta il capogruppo al Senato Renato Schifani.
All'inizio della seduta il vicepresidente della Giunta Giacomo Caliendo (Pdl) aveva proposto di darsi due settimane di confronto, poi aveva indicato venerdì prossimo per il voto e alla fine si era mostrato disposto anche ad accettare giovedì.

Ma ormai la sinistra si era irrigidita. Tanto che il socialista Enrico Buemi denunciava «diktat dall'esterno, e non dal centrodestra» e lasciava in anticipo la riunione per protestare contro l'atteggiamento della sinistra che metteva a rischio il governo. Attirandosi le frecciate rabbiose della Pezzopane. «La Giunta non può andare contro la legge che impone decisioni in tempi rapidi - diceva la democratica Isabella De Monte - il Pd riproporrà nella seduta di domani (oggi, ndr) l'esigenza di andare avanti ad oltranza e arrivare al voto all'inizio della prossima settimana».
Solo poche ore prima si sfoggiava disponibilità verso il Pdl. Il relatore aveva ritirato le pregiudiziali e martedì sera si era deciso all'unanimità di cominciare la discussione generale. Invece, è di nuovo scontro.

«Sono tornati all'opera in Giunta i guerriglieri Pd», commenta il pidiellino Daniele Capezzone. Se il Pd arriverà all'«assassinio politico» di Berlusconi, avverte il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, «la caduta del governo sarà conseguente». «Non è una corrida, con un toro da matare», fa notare il ministro Gaetano Quagliariello. Ma un toro c'è, per la sinistra.

La decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare è «scritta nelle cose», afferma il leader Sel Nichi Vendola.

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