Caso Sallusti

Sgarbi: "È ufficiale: la libertà di parola è reato"

Con questa sentenza si decreta per legge il divieto di esprimere il proprio pensiero. Come durante il fascismo

Sgarbi: "È ufficiale: la libertà di parola è reato"

Ho scritto in più occasioni: la migliore riforma della scuola è un buon insegnante, e: meglio una cattiva legge e un buon giudice, che una buona legge e un cattivo giudice.
Oggi con il caso Sallusti, abbiamo raggiunto il colmo: cattiva legge e cattivi magistrati, a danno non del condannato, ma della giustizia.
Anche la fattispecie è anomala, giacché se io scrivo su questo giornale: magistrati pezzi di m., teste di c., rotti in c. ti condannano? Me, per diffamazione, o Sallusti, per omesso controllo?

Certo, chiamato a chiarire il mio pensiero, io potrei sempre decifrare le iniziali puntate con i sostativi relativi: m. come marmellata, c. come capitello, c. come colonna. Così salverei, per il rotto della cuffia, prima Sallusti che me.
Ma io non dirò che i magistrati di Cassazzione (sic!) son pezzi di m., teste di c. e rotti in c., perché essi si sono definiti da soli.
La tomba del diritto è la fine della libertà di parola.
Certo uno può sbagliare, ma anche non sbagliare e volere offendere, attribuire a qualcuno un comportamento o una condizione che non gli corrisponde. Dire, per esempio, che il presidente della Corte di Cassazione che ha condannato Sallusti è finocchio, anzi gay.
Dovrei essere arrestato per questo? Anzi, io condannato e Sallusti arrestato per omesso controllo, secondo il principio della sentenza di oggi?
Come farebbe Sallusti a controllare se il presidente della Corte è finocchio o meno? Dovrebbe tentare di sedurlo, cercare un «incidente probatorio»?
Ed essere gay può essere considerato un'offesa?

Si tratta di una onorevole condizione per la quale oggi si nutre ogni rispetto. Chi potrebbe condannarmi se, con evidente e colpevole errore, dicessi che il Presidente della Corte di Cassazione che ha condannato Sallusti è un prete?
Non è vero, ma io potrei volere intendere un clericale, un osservante le prescrizioni della morale cattolica e altro che ne pone in discussione l'obiettività.
So già, per essere stato condannato, che non si può dire in alcun modo che un processo o una sentenza sono politici, perché, nonostante l'evidenza, metterei in dubbio l'imparzialità del giudice, e perfino del Pubblico Ministero, se è vero che la condanna in Cassazione io l'ho avuta su querela di Caselli per aver detto (cosa che penso) che il processo Andreotti è stato un processo politico.
Posso pensarlo (e quindi dirlo)?.

Logos in greco vuol dire la stessa cosa che parola. Pensiero e parola. Da oggi non è più così.
Con l'arresto di Sallusti si decreta, per legge, il reato di libertà di pensiero, esattamente come durante il fascismo.
Ma i magistrati di Cassazione hanno dunque firmato la loro condanna, perché la Costituzione proibisce la rifondazione del Partito Fascista, la cui prima espressione è proprio la proibizione della libertà di parola.
Dopo Guareschi, Sallusti è il primo a essere condannato per avere consentito l'espressione di una libera, anche se sbagliata, opinione. Non è concessa la condizionale, confermando la condanna in secondo grado, perché, nel suo caso di recidivo, «non è possibile formulare una prognosi favorevole e ritenere che egli si asterrà dal commettere in futuro ulteriori episodi criminosi».

Dunque pensare o tollerare pensieri critici, e perfino diffamatori, equivale a commettere «episodi criminosi»?
Nella concezione dei magistrati, che hanno stabilito la condanna, pensare è «un episodio»?
Un'altra vicenda analoga, pur senza arrivare materialmente all'arresto, negandogli comunque tutte le misure alternative previste dalla legge Simeone, dall'affidamento in prova alla semilibertà, toccò nel 2002 a Lino Jannuzzi. Il Tribunale di sorveglianza di Napoli ne dispose l'arresto con questa motivazione, la stessa che oggi si applica a Sallusti: «L'attività giornalistica che continuerebbe a svolgere è da ritenere inidonea a favorire il processo rieducativo del condannato e a preservare con efficacia il pericolo di recidiva».
Dunque l'obiettivo della condanna è la rieducazione con l'obbligo, imposto dalla Cassazione, di pensarla come Travaglio.
Qualche anno dopo, finito l'incarico di Jannuzzi al Consiglio d'Europa, con la relativa sospensione della condanna, Jannuzzi fu costretto a scontare la pena, trasformata in detenzione domiciliare con la possibilità di uscire di casa dalle 8 alle 19 per gli obblighi parlamentari (era ancora senatore) e con il divieto di lasciare l'Italia senza autorizzazione del giudice. Puro fascismo.

Ora, se, pensandolo, scriviamo che la sentenza di condanna per Sallusti è fascista (o, se vogliamo, comunista), saremo condannati anche noi, e lui arrestato, sempre per omesso controllo, perché, in queste ore, distratto e turbato dall'attuale condanna?
E se si riconosce che lui, per il turbamento, non era in sé, arresteranno il vice direttore, addolorato ma due volte occhiuto (per sé e per Sallusti)?.


Forse è meglio non pubblicare questo articolo. O riempirlo di «bip», in forma di puntini, puntini, puntini…

Commenti