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Un'inquisizione mediatica fuori controlloil commento 2

diUn giorno tocca assistere esterrefatti alla chiusura di una delle più grandi acciaierie d'Italia con annessa (tentata) messa sul lastrico di un'intera città, un altro si apprende che esiste una percentuale legalmente verificabile di quanti devono essere gli iscritti alla Fiom tra i dipendenti da assumere in un grande stabilimento, poi si arriva fino alla persecuzione di un allenatore per «omessa denuncia» sulla base di un pentito la cui testimonianza ha la singolare qualità di valere una volta sì e una volta no. Nella nostra povera nazione, già patria del diritto, con una tradizione (e tuttora un'ampia presenza) di magistrati qualificati e dediti alla loro professione, con veri e propri martiri tra i servitori della Legge che sia negli anni del terrorismo sia nella lotta alla mafia sono andati incontro alla morte, la Giustizia - come diceva Amleto del tempo - è andata out of joint, fuori dai cardini. E tra le manifestazioni più nette di questo terribile sbalestramento vi è la sorte di coloro che sono stati esposti prima alla berlina di un'inquisizione innanzitutto mediatica (tra questi torturati mi si consenta di ricordarne uno, un caro amico, ancora oggi «sotto i ferri» perché non «confessa», cioè non racconta cose non vere, su Roberto Formigoni: Antonio Simone) e poi sono finiti spersi nei meandri di processi di cui non si sente più parola, spariti all'attenzione dell'opinione pubblica. Vi ricordate di Ottaviano Del Turco? Messo in galera al grido: c'abbiamo prove schiaccianti. Liquidata una giunta democraticamente eletta, avviata una campagna massacrante (abbiamo scoperto la casa dov'erano le tangenti, è un ladro e così via). Vi ricordate Silvio Scaglia arrestato - tra lo stupore scandalizzato della comunità del business internazionale che ben conosceva il valore del fondatore di Fastweb - al grido: era complice della n'drangheta nel taroccare schede telefoniche, era evasore sopraffino, riciclatore. Tenuto in carcere un numero spropositato di mesi. Vi ricordate di Guido Bertolaso: ecco la puttana che gli veniva fornita in cambio dei suoi favori, ecco il giardino che era stato offerto da ristrutturare alla moglie architetto in cambio di appalti.
Sono passati anni ormai dalle tempeste mediatiche che hanno sconvolto la vita degli indagati citati: il Walter Veltroni che dialogava troppo con Silvio Berlusconi è stato liquidato grazie all'arresto di Del Turco. Gli assetti della telefonia italiana hanno preso un certo indirizzo con l'arresto di Scaglia. Come ha detto un famoso direttore di un grande quotidiano italiano: Bertolaso era troppo popolare, avrebbe potuto essere un erede di Berlusconi. L'esito è stato evitato. Intanto i processi di tutti e tre questi «imputatoni» sono iniziati nell'autunno dell'anno scorso e dopo qualche seduta in cui sono venute fuori solo chiacchiere, si sono persi nel niente.
La sensazione è che vi sia imbarazzo nei colleghi togati - in parte della stessa pubblica accusa in parte giudici - impegnati in aula e che non sanno proprio come cavarsela senza smentire chi ha messo insieme effetti efficacemente distruttivi ma non tali da reggere al dibattimento. E così per non smentire chi poi sarà determinante (così i più famosi pm invischiati) nell'eleggere coloro a cui è affidata la tua carriera (cioè i membri togati del Csm) si rimanda in secula secolorum l'esito delle sentenze.

Non si è di fronte tanto alla cattiveria e all'ignavia dei singoli (spesso ottime persone, talvolta qualificati giuristi) ma appunto a un sistema fuori dai cardini senza la cui correzione il nostro Stato non potrà mai più veramente funzionare.

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