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Vacilla il Pd, scatta il tutti contro tutti

Democrat "governisti" contro gli antiCav, incombe il voto anticipato. E Bersani ne approfitta per vendicarsi di Letta

Vacilla il Pd, scatta il tutti contro tutti

Roma - Di fronte all'accelerazione impressa dal Pdl, anche il segretario Pd alza i toni: «Se davvero Berlusconi dice ai suoi parlamentari di chiedere le elezioni, significa che vuole rompere il patto con gli italiani per un governo di servizio». E ieri in serata Epifani ha rincarato la dose sulla grazia («Da parte del Pdl chiedere una cosa come la grazia e tirare in mezzo Napolitano è una pressione indebita») e sulla riforma della giustizia («se la scordino»).
Sta di fatto che il gioco del cerino è iniziato, ma tutti sanno che stavolta è ad alto rischio. Quella sentenza così dura e senza concessioni per il Cavaliere, i «governisti» del Pd proprio non se la aspettavano. «Fino al giorno prima - confida un parlamentare - Letta e Franceschini ci spiegavano che la Cassazione avrebbe trovato una formula di compromesso che avrebbe consentito di salvare capra e cavoli. E che quindi, dalla ripresa di settembre, da Palazzo Chigi si sarebbe lanciato il “patto di legislatura” col Pdl, con la legge elettorale pro-larghe intese e le riforme costituzionali, per andare avanti fino al 2015».
Non è andata così, e ora la partita si fa più confusa e pericolosa. Il baratro delle elezioni anticipate si materializza, tanto che persino un lettiano doc come Francesco Boccia risponde così, ai colleghi che gli chiedono che si farà ora: «Ci si prepara alla campagna elettorale». E di voto si parla in tutti i capannelli di deputati che bivaccano in Transatlantico: anche ieri non si è votato nulla, in aula, dove è iniziato uno stanco dibattito sulla riforma del finanziamento pubblico che a detta di tutti «non si farà», anche perché il Pd sull'argomento è spaccato: nell'ultima riunione di segreteria, mercoledì, i due dalemiani Manciulli e Amendola hanno messo agli atti che loro la proposta del governo, così com'è, non la voteranno. La prossima settimana sarà una via crucis per il governo, che deve portare a casa almeno i decreti «Fare» e «Lavoro»: «Due decreti bomba che rischiano di scadere: che farà il Pdl, manderà i suoi a votarli?»; si interroga il lettiano Francesco Russo. «Va bene avvertire il Pdl di evitare strappi - dice il vicepresidente dei deputati Pd Andrea Martella - ma non possiamo restare col cerino in mano: il Pd deve assumere un'iniziativa per rilanciare il governo e la sua squadra. Se ci sono le condizioni». E se no, è il ragionamento che molti iniziano a fare, sia lo stesso Letta a fermare «il logoramento» e a chiamare il voto, candidandosi a premier. Altrimenti «appena si apre la crisi, tutti correranno a candidare Renzi. A cominciare da Franceschini e Bersani, che sperano così di evitare il congresso e tenersi il partito», come spiega un ex Ppi. E con il partito, una carta fondamentale che non vogliono mollare al sindaco di Firenze: la composizione delle liste elettorali. L'incontro Renzi-Franceschini di ieri sera alimenta i sospetti.
Dal Pd in confusione arrivano scricchiolii minacciosi. Prima il bellicoso proclama tv di Epifani (scortato dai bersaniani Zoggia e Misiani) giovedì, che pure non riscuote grandi applausi: «Ma li avete visti quei tre davanti alle telecamere? Sembravano Aldo, Giovanni e Giacomo», ironizza un veltroniano. Ma ieri è arrivata la bordata dell'ex segretario Bersani, a portare ai massimi livelli l'irritazione di Letta: «Il Pdl dica se vuol essere guidato da un condannato», spara. E poi avverte: «Dopo la condanna la governabilità si fa più difficile». I bersaniani assicurano che non è un attacco al premier: «Pier Luigi alza i toni per aiutare il governo a parare gli attacchi di chi ci chiede di mollare subito il Cavaliere», assicura Nico Stumpo.

Ma nel Pd sono in pochi a vederla così, e un ex Ds spiega: «È iniziata la vendetta di Bersani contro Letta: quello gli ha soffiato Palazzo Chigi e l'ex segretario ora vuol farlo saltare».

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