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Il Vaticano "licenzia" il suo banchiere

Sfiduciato il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi. La Santa Sede: "Non ha svolto bene i suoi compiti"

Il Vaticano "licenzia" il suo banchiere

Il comunicato con il quale la Santa Sede comunica la sfiducia che il Consiglio di Sovrintenden­za de­ll’Istituto per le Opere di Re­ligione (Ior) ha comminato al presidente della banca vaticana Ettore Gotti Tedeschi è di quelli pesanti. Dice gelidamente che «fra i temi in agenda del Consi­glio c'era ancora una volta la go­vernance dell’Istituto». Come a dire: non era la prima volta che si parlava del governo della banca, della sua gestione. Se ne parlava ma le cose continuavano ad an­dare male, insomma. «Nel tem­po questa ha destato progressi­va preoccupazione nel Consi­glio e, nonostante ripetute comu­nicazioni in tal senso al profes­sor Gotti Tedeschi, la situazione è ulteriormente deteriorata». Tanto che, dopo una delibera, il board ha adottato all’unanimità un voto di sfiducia del presiden­te, «per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio».

Per il Vaticano, dunque, la sfi­ducia a Gotti, che fino a poche settimane fa era considerato un fedelissimo del segretario di sta­to vaticano Tarcisio Bertone, è per motivi di lavoro: insoddisfa­cente la sua governance. Ma chi ha potuto incontrare Gotti nelle scorse ore sostiene che lui ha un’idea contraria: è stato fatto fuori per le opposizioni pesanti che ha messo in campo al cam­bio della legge sulla trasparenza finanziaria e per l’opposizione ai progetti del Vaticano di acqui­sire l'ospedale San Raffaele, ten­sioni che l’hanno posto in contra­sto proprio con Bertone. Poi c’è la teoria di coloro che ritengono che le dimissioni di Gotti sono troppo susseguenti allo scanda­lo Vatileaks- l’uscita incontrolla­ta di documenti privati del Papa - per non destare sospetti. Secon­do questa teoria Bertone, asse­diato dalla caccia al corvo, per motivi difficili da comprendere avrebbe ritenuto lo stesso Gotti colpevole della fuga di notizie. «Una teoria assurda», dicono co­loro che conoscono l’ormai ex presidente della banca vaticana. Di certo c’è un fatto. Difficil­mente la Santa Sede motiva le di­missioni di uno dei suoi. Se l’ha voluto fare in modo così deciso e diretto (un unicum che fa molto male) è per togliere ogni dubbio circa i motivi della sua rimozio­ne.

Vatileaks a parte, è vero che le tensioni seguite alla nuova legge vaticana sulla trasparenza finan­ziaria sono state pesanti. Se per Bertone e i dirigenti della segre­teria di stato la nuova versione della legge (una versione che avocava molti poteri alla stessa segreteria) segnava un passo avanti nell’opera di ripulitura e riordino, per altri, tra questi Got­ti, segnava un passo indietro. Se­condo Gotti, infatti, la legge avrebbe depotenziato l’Autorità d’informazione finanziaria nei suoi compiti di controllo della trasparenza (con queste finalità è stata voluta da Bertone un an­no e mezzo fa) in favore della se­greteria di Stato.

Due sensibilità sembrano es­sersi fronteggiate oltre il Tevere nelle ultime settimane, uno scontro che ha avuto Gotti come vittima illustre. Da una parte co­loro che ritengono che la linea della trasparenza, la necessità di adeguarsi agli standard interna­zionali per entrare nel club dei più virtuosi, sia per il Vaticano un ideale da non disattendere in nessun modo; dall’altra quella di coloro che ritengono (Bertone è tra questi) che questa stessa li­nea sia sì da per­seguire ma con moderazione, avendo ben presente che il Vaticano ha una sua specifi­cità che lo rende non del tutto pa­ragonabile agli altri stati sovrani.

I membri del Board che hanno sfiduciato Gotti sono per­sonalità di prestigio: Carl A. An­derson, Giovanni De Censi, Ro­naldo Hermann Schmitz e Ma­nuel Soto Serrano. E di prestigio sono i cardinali che oggi devono prendere atto della decisione. Oltre al presidente Tarcisio Ber­tone, Attilio Nicora (già presi­dente dell’Autorità di Informa­zione Finanziaria), Jean-Louis Tauran (presidente del Pontifi­cio Consigli­o per il Dialogo Inter­religioso e Presidente della Com­missione per le Relazioni Religio­se con i Musulmani), Telespho­re Placidus Toppo (arcivescovo di Ranchi) e Odilo Pedro Scherer (arcivescovo di San Paolo del Brasile).

Le funzioni per il momento passano al vice presidente, il te­desco Ronaldo Hermann Schmi­tz, ma nei prossimi mesi sembra si voglia cercare un nuovo presi­dente. 

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