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Il Vaticano non teme gli esami: "La nostra linea è la trasparenza"

Padre Lombardi: "Affidabili anche in tema di antiriciclaggio". Ma c’è tensione per il verdetto dell’organismo di controllo europeo

Il Vaticano non teme  gli esami: "La nostra  linea è la trasparenza"

Mancano poche settimane al verdetto finale e il Vaticano si mostra fiducioso. «Ci siamo», ha in sostanza detto ieri in un briefing coi giornalisti il portavoce vaticano padre Federico Lombardi.
Entro luglio l’organismo di controllo europeo Moneyval si esprimerà circa l’ammissione della Santa Sede nella cosiddetta «white list», i paesi che rispettano le normative internazionali in termini di antiriciclaggio, e ieri per voce di Lombardi il Vaticano ha voluto dire di non temere il verdetto. Il fatto che la Santa Sede abbia intrapreso il «cammino» dell’adeguamento agli standard internazionali in materia di trasparenza finanziaria, sottoponendosi ad un «serio esame» e ad una «valutazione oggettiva» da parte di organismi «laici» ed esterni «di grande competenza», è un fatto «abbastanza epocale» che va considerato in modo «molto positivo», ha detto Lombardi.

Per il Vaticano il capitolo Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente della banca vaticana, è in sostanza archiviato. La linea ufficiale è una: Gotti Tedeschi ha fallito dal punto di vista della governance e per questo è stato sfiduciato. Altre valutazioni sulla sua «persona» - tre giorni fa il Fatto ha pubblicato un documento stilato da un medico che, presente a incontri dello Ior, ha stilato una sorta di parere psichiatrico su Gotti Tedeschi - non ha valore per la Santa Sede. Insomma, a dispetto della vulgata che vuole Gotti Tedeschi sfiduciato proprio in virtù della sua volontà di portare trasparenza in Vaticano, Lombardi ribadisce che la linea ufficiale è invece proprio quella della trasparenza: «C’è da sottolineare - ha detto - il coraggio e la volontà di prendere questa strada e di esporsi a una valutazione esterna, a un mondo di persone competenti. Che la cosa non sia così semplice mi pare anche normale, la Santa Sede, rispetto agli altri Stati, è una realtà abbastanza sui generis, molto specifica».

E ancora: «Il processo aperto è una cosa bella e positiva, e non deve meravigliare che non sia semplice; quanto tempo ci voglia per completare questo percorso, poi, non è prevedibile o calcolabile, non sono cose che si risolvono con pochi incontri».
La trasparenza è su più fronti. Non solo quello dei conti finanziari, ma anche sui casi di collaborazione con lo Stato italiani. Per Lombardi è «un mito che il Vaticano non voglia collaborare con la giustizia italiana». È un mito «che va sfatato. Noi non riteniamo che sia fondato». A suo tempo, ha fatto presente Lombardi, «per il caso Orlandi, per esempio, ho indicato in un comunicato tutte le risposte alle rogatorie della giustizia italiana. Se poi la risposta è piaciuta o meno questo è un altro problema. Ma non è vero che il Vaticano non risponde alle rogatorie, non è vero che non vi sia disponibilità a collaborare con la giustizia italiana. Anche sullo Ior spesso si fa riferimento a una rogatoria del 2002, già il 9 febbraio in un comunicato si spiegava che quella rogatoria non è mai arrivata in Vaticano».

E poi c’è la questione più spinosa. Quella dell’«ex aiutante di camera» Paolo Gabriele, ancora agli arresti perché indagato di aver trafugato alcuni documenti dall’appartamento papale. Il Vaticano si muove con tutte le cautele del caso. Vuole offrire ogni garanzia all’indagato seppure non lo consideri in nessun modo «un capro espiatorio».
Per Lombardi l’impressione di una «certa lentezza» con cui procede l’inchiesta si spiega, in realtà, con il fatto che «da parte della magistratura si procede con scrupolo», perché «si vogliono fare i passi uno dopo l’altro con totale serietà, in modo che sia assolutamente chiaro che l’idea di un “capro espiatorio” non sia assolutamente corrispondente a realtà. Abbiamo trovato un elemento concreto e ora si vogliono capire le eventuali responsabilità al di là della persona coinvolta».

Dunque c’è un elemento concreto, seppure «la ripresa degli interrogatori non è imminente».

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