Politica

A Vendola non resta che il Pd

Con il Pd in salute a Palazzo Chigi, gli spazi d’opposizione radicale occupati da Grillo, quale sarà il futuro di Nichi e dei suoi seguaci?

Il governatore della Puglia, Nichi Vendola
Il governatore della Puglia, Nichi Vendola

Avranno pure rottamato qualche vecchio arnese, ‘ste primarie del Pd. Ma non si può negare che siano state una bella dose di Gerovital per un partito nato vecchio, cresciuto malato e fino a pochi mesi fa ridotto in fin di vita. Merito di Bersani e di Renzi: operazione riuscita e miracolo compiuto. In attesa del botto conclusivo, magari di un finale a sorpresa (e se Renzi sconfitto facesse “saltare i giochi”?), il secondo movimento in atto sul quale interrogarsi riguarda la sinistra di Vendola. Con il Pd in salute a Palazzo Chigi, gli spazi d’opposizione radicale occupati da Grillo (che sinistra classica proprio non si può considerare), quale sarà il futuro di Nichi e dei suoi seguaci?

Il governatore pugliese non è ingenuo e, piuttosto che accomodarsi in una ridotta assieme ai reduci comunisti di Ferrero, alla mina vagante Di Pietro, ai misteriosi arancioni di De Magistris, ai velleitari movimentismi del popolo viola, “Alba”, “Cambiare si può” e quant’altro, alla fine ha praticato l’atteso endorsement per Bersani. Strategia che lo porterà ineluttabilmente, prima o dopo le elezioni, a far confluire le esauste truppe di Sinistra Ecologia e Libertà nel Partito democratico. Su quali basi potrà avvenire questa unione di fatto? Seppur premiato con un ministero di rango, o addirittura un ruolo europeo, potrà Vendola rinunciare a Sel, e Sel a interpretare i movimenti della sinistra radicale? Non siamo davanti al fallimento totale della stagione vendoliana, almeno come intesa finora?

Temo che la partecipazione alle primarie sia stato un grave errore di Vendola, sia pure indotto dalla natura del personaggio che non è per niente poetica, anzi piuttosto incline al realismo. L’ultima concessione lirica Nichi se l’è concessa in Sicilia, dove ha voluto perdere per difetto di coerenza (eppure a sostenere il comunista gay Crocetta, una specie di versione isolana di Nichi, c’era l’orrida alleanza Pd-centristi che probabilmente si riproporrà a Roma). Segnato era anche il suo destino alle primarie, visto che la sfida di Renzi all’establishment catalizzava troppo l’attenzione, e chiunque lo sapeva, figurarsi Vendola. Allora perché scendere in campo? Perché arrivare a mettere nel suo Empireo il cardinal Martini, strappando più d’un secolo di miti della sinistra?

S’è già detto – a me sembra lampante – che la gara alle primarie fosse un favore a Bersani, di cui ora è lecito chiedersi quale sia la contropartita. Conoscendo Vendola, non si può pensare al cadreghino personale, né che il governatore possa sperare di fare l’ago della bilancia del governo (l’esperienza di Bertinotti basta per un secolo): il suo peso sarà marginale, sia che entri nella squadra sia che non entri.

Però con quella scelta s’è spostato l’asse politico vendoliano e non si può neppure immaginare che Nichi mantenga il piede in due scarpe (lotta e governo) a vita. Il debito di riconoscenza gli potrà essere saldato solo quando entrerà a pieno titolo nel Pd, ereditando (paragone che sappiamo a lui carissimo) la posizione critica che fu di Pietro Ingrao nel Pci. Ne ha ora i titoli e l’opportunità. Bei discorsi, cuori in fiamme ed eterna condanna a essere sempre minoranza del partito. Eppure fondamentale perno, per il centro doroteo dei bersaniani, che farà da contrappeso alla destra renziana. Uno schema classico, studiato a tavolino, che proietta il Pd verso un futuro da Balena bianca 2.0, ovvero partito pigliatutto onnicomprensivo. Solo una vittoria di Renzi, o l’uscita clamorosa di Renzi dal Pd (forse una speranza la nutre pure il Cavaliere), potrà rovesciare il gramo, comune destino. Moriremo pidini, e non sarà una dolce morte.

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ilgiornale.it/scafuri/2012/11/30/a-vendola-non-resta-che-il-pd/" target="_blank" data-ga4-click-event-target="external" rel="noopener">tratto dal blog di Roberto Scafuri)

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