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Venti anni fa la mafia uccideva Giovanni Falcone

La scuola di Brindisi è intitolata a Francesca Laura Morvillo Falcone, magistrato e moglie di Falcone. Il 23 maggio 1992 la strage di Capaci. Seguirono numerosi attentati

Venti anni fa la mafia uccideva Giovanni Falcone

La scuola di Brindisi sconvolta dall'attentato costato la vita a una studentessa di sedici anni, Melissa Bassi, è intitolata a Francesca Laura Morvillo Falcone. Era la moglie di Giovanni Falcone, come lui magistrato. E, come lui, ucciso dalla mafia.

Mercoledì prossimo saranno venti anni dalla strage di Capaci, l'attentato in cui persero la vita Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Cinque vite spezzate. Il disegno criminoso vide agire materialmente cinque persone. In un sabato di maggio l'Italia sprofondò nella disperazione e nella paura. Uno dei simboli della lotta dello Stato contro la mafia era stato massacrato. E quando la notizia fu rilanciata dalle edizioni speciali dei telegiornali, qualcuno, nel carcere dell'Ucciardone di Palermo, ebbe il coraggio di festeggiare.

L'ultimo viaggio in auto

Erano le 17.58 di sabato 23 maggio 1992. Pochi minuti prima all'aeroporto di Punta Raisi era atterrato un aereo dei servizi segreti partito da Roma Ciampino. A bordo Falcone e sua moglie.  Ad attenderli, sulla pista, tre Fiat Croma di scorta. Il giudice palermitano era guardato a vista dagli agenti dopo il fallito attentato del 1989 davanti alla sua villa dell'Addaura. Quando la carovana di auto si trovò a passare, sull'autostrada A29, nel punto fatidico sopra il quale erano stati nascosti, in un cunicolo, 500 kg di tritolo, Giovanni Brusca azionò l'ordigno con un telecomando. E fu la strage. Qualcuno, per la grande devastazione causata, la paragonò a quelle del Libano martoriato dalla guerra nei primi anni Ottanta.

Quella di Capaci fu la prima di una serie di attentati che sconvolse l'Italia nei primi anni Novanta. Dopo neanche due mesi dalla morte di Falcone fu ucciso un altro giudice in prima linea contro la mafia: Paolo Borsellino. Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato con la moglie e i figli, il giudice si recò in via D'Amelio, dove viveva sua madre. Una Fiat 126 imbottita di 100 kg di esplosivo saltò in aria. Oltre a Borsellino persero la vita cinque agenti di scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Borsellino sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e, intervistato da un giornalista, disse di sentirsi come un "condannato a morte". 

Gli altri attentati

Il 14 maggio 1993 un'autobomba esplose a Roma, in via Fauro, al passaggio dell'auto del giornalista Maurizio Costanzo (nessuna vittima, sette feriti). L'ordigno, collegato a un telecomando, fu fatto saltare o per cercare di colpire Costanzo, che pubblicamente, in tv, aveva condotto una dura battaglia contro la mafia. Ma in quella stessa strada era parcheggiata l'auto del vice di Bruno Contrada al Sisde.
Molto pesante fu il bilancio delle vittime della strage dei Georgofili, a Firenze: il 27 maggio 1993 persero la vita cinque persone. Un'autobomba esplosa all'1.04 di notte costò la vita a Caterina Nencioni (neanche due mesi di vita), Nadia Nencioni (9 anni), Dario Capolicchio, Angela Fiume, Fabrizio Nencioni. Gravissimi i danni riportati dalla Galleria degli Uffizi.
Il 27 luglio 1993 il terrorismo insanguinò Milano, con la strage di via Palestro. Morirono cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, il vigile urbano Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, un immigrato marocchino che dormiva su una panchina.
Altre due bombe, per fortuna senza vittime, esplosero a Roma il giorno dopo, 28 luglio 1993: una davanti alla chiesa di San Giovanni in Laterano, l'altra davanti alla chiesa di San Giorgio in Velabro.
Il 31 ottobre 1993 fallì un attentato davanti allo stadio Olimpico di Roma. Sarebbe stata una strage di grandi proporzioni, visto che era in programma una partita di calcio. L'attentato fallì per il malfunzionamento del telecomando.

Fu Giovanni Brusca a parlare del progetto della mafia con il quale si voleva causare la morte di decine di carabinieri.


 

 

 

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