Cronache

La violenza in famiglia non ha sesso

La violenza aumenta fino a superare ogni soglia critica tollerabile

La violenza in famiglia non ha sesso

Oggi discutiamo di madri assassine: una donna che massacra tre figlie a coltellate nel sonno, tre povere bimbe di tre, dieci e tredici anni, e si ridesta coperta di sangue, magari ingoiando i suoi attimi fatali di follia come un incubo a occhi aperti, appare una scena indigeribile anche in un film horror. Ma ieri parlavamo di violenza femminicida, di uomini armati da una mano omicida che massacrano povere innocenti. Siccome la violenza non ha sesso o genere o orientamento sessuale, né è possibile - ci mancherebbe - stabilire una gerarchia di gravità quando parliamo di omicidi, onestà vorrebbe che si cominciasse ad abbassare il tasso di retorica o di fatalismo autocommiserativo per concentrarsi su un dato disastroso e purtroppo effettivo: proprio nell'epoca in cui rivendichiamo la ricerca dell'autenticità dei sentimenti e la loro continua ricerca, la violenza nelle coppie e nelle famiglie aumenta fino a superare ogni soglia critica tollerabile. Non basta dire, come fa qualcuno, che prima certi reati non si denunciavano perché certe vergogne dovevano «essere tenute in famiglia». Né, dal lato opposto, nemmeno è possibile pensare di risolvere questa crescente patologia sociale aumentando il numero di leggi o creando situazioni di squilibrio «di genere» nel trattamento della violenza a radice sessuale o sentimentale. Chi ammazza è un assassino, punto. Chi ammazza il proprio compagno o la propria compagna, o i propri figli, aggiunge all'orrore in sé un peggiorativo morale: fa entrare la violenza in ciò che di più intimo noi umani abbiamo, il rapporto di coppia o la vita familiare. E se la famiglia, che naturalmente consideriamo (anche) il nostro privatissimo rifugio dalle difficoltà della vita quotidiana, si trasforma in carcere, luogo di soprusi o teatro di macabre messinscene omicide, è da qui che dovremmo partire, riconoscendo che il problema c'è, non conosce distinzioni di sesso ed è purtroppo una malattia, un morbo della nostra cultura sociale. Volendo leggere solo le agenzie di cronaca nera, pare come se nel nostro tempo di sentimenti liquidi, fragilità familiari, rapporti a termine e di facile consumazione, matrimoni che scoppiano come palloncini gonfiati male, il lato oscuro della nostra libertà - che ad esempio ha trasformato il matrimonio da «sacrificio» a luogo della felicità, sentimento biodegradabile - è l'ingresso di una pericolosissima nevrosi nel campo dell'intimità, di forme pericolose di insicurezza e ansia individuali che distruggono gli argini alla bestialità e ci consegnano narrazioni quasi quotidiane di raptus omicidi. Illudersi che basti l'inasprimento delle norme per correggere il problema non serve, e non basta, tant'è che la violenza contro le donne non ha accennato a diminuire nemmeno negli ultimi mesi. Ci vorrebbe, magari, una maggior attenzione nelle indagini, nella serietà con cui si prendono le denunce che arrivano alle autorità, e siamo tutti d'accordo, ma il lavoro e la riflessione devono essere prima di tutto culturali. È la famiglia sotto attacco, anche da parte di chi la forma. È l'amore di coppia sotto attacco, anche da parte di chi lo alimenta.

Che siano uomini o donne a trasformare i luoghi degli affetti in cellule omicide, è faccenda successiva.

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