Economia

Intesa-Sanpaolo, la «protesta» di Generali

«Aspettiamo il piano industriale, poi vedremo». Per ora nessun ricorso al Tar

Intesa-Sanpaolo, la «protesta» di Generali

da Milano

Generali e Antitrust si amano sempre meno. La compagnia assicurativa non aveva ancora commentato i vincoli imposti alla propria attività nella fusione tra Intesa e Sanpaolo. Ieri ha rotto il silenzio in maniera chiara e per bocca del suo amministratore delegato, Giovanni Perissinotto. Non senza possibili conseguenze negli stessi rapporti con Intesa. «Non siamo soddisfatti dell’esito», ha detto Perissinotto su Intesa-Sanpaolo, riferendosi, secondo quanto precisato in un secondo momento da fonti del gruppo triestino, non alla fusione, ma ai paletti che l’Authority guidata da Antonio Catricalà ha posto sul business bancassicurativo della Superbanca.
In ogni caso si tratta di un’affermazione forte, in contrasto con la serenità con cui il giudizio dell’Antitrust è stato accolto a dicembre a Milano, all’indomani della decisione, quando il vertice di Intesa Sanpaolo ha accettato il verdetto senza rallentare il processo di fusione. A Trieste invece (dove è custodito poco meno del 5% di Intesa Sanpaolo) i vincoli di Catricalà non sono piaciuti affatto perché riducono assai le ambizioni di Generali: l’Antitrust impone che la piattaforma assicurativa sulla rete dei 6mila sportelli di Intesa Sanpaolo sia aperta a un terzo produttore (laddove i primi due sono Generali ed Eurizon, la compagnia ereditata dal Sanpaolo). Il che è ben diverso dal punto di partenza di Perissinotto che, in tempi non sospetti, aveva dichiarato l’intenzione di voler essere l’unico partner assicurativo del gruppo.
Ma le cose sono andate diversamente. Prima perché una fetta del business è andata alla Eurizon di Mario Greco. Poi perché ci si è messo pure Catricalà, imponendo addirittura un terzo incomodo. Ora Perissinotto passa al contrattacco. Mirando sull’Antitrust, ma lanciando un segnale anche al management di Intesa-Sanpaolo, in vista del piano d’impresa in cantiere per l’inizio di aprile: «Aspettiamo il piano industriale, i target e gli assetti definitivi, poi vedremo», ha detto l’ad di Generali. Per questo non si può escludere che in futuro Generali possa mettere in cantiere operazioni alternative rispetto al mondo Intesa.
Da quanto risulta da fonti vicine al gruppo triestino, per il momento il dissenso rispetto a Catricalà non produrrà ricorsi al Tar. Generali potrebbe farlo, ma si atterrà alla linea di Intesa Sanpaolo. Almeno fino al piano industriale. Poi non si può escludere nulla. Anche perché lo spirito battagliero, in questo senso, non manca, come dimostra il ricorso appena presentato per l’obbligo imposto, in seguito all’acquisizione del 100% di Toro, della cessione della compagnia Nuova Tirrena. Trieste si mette dunque alla finestra, forte anche dello status di grande azionista, ma con le «mani libere», visto che non dovrebbe entrare nel patto di Intesa Sanpaolo.

Patto che verrà esaminato oggi a Torino dalla Compagnia di Sanpaolo.

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