Cultura e Spettacoli

«Io, bomba sexy, aiuto Gere a scoprire i malati di sesso»

«La bellezza conta all’inizio. Poi bisogna essere brave»

da Roma

Anni fa, in una classifica stilata dal mensile americano Vogue, è finita tra le prime cinquanta donne più belle al mondo. Ma quando glielo ricordi, Claire Danes, 29 anni, e già una carriera lunghissima alle spalle cominciata nel 1990 con una puntata del serial tv Law & order, ti guarda e sorride quasi stupita: «È roba vecchia e poi io a quella graduatoria non ho mai dato troppo peso, visto che non mi considero una bella donna». Onesta. La Danes, in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane con Identikit di un delitto, il nuovo film con Richard Gere girato dal regista culto di Honk Kong Andrew Lau (è l’autore della trilogia di Infernal affairs, a cui Martin scorsese si è ispirato per uno dei suoi capolavori, The departed). È affascinante. Ed è carina, con quel corpo esile, quasi infantile, che contrasta con lo sguardo da intellettuale severa: «La bellezza, spiega, è importantissima all’inizio della carriera. Ma poi devi dimostrare chi sei, con la bravura».
Lei ci è riuscita. La Danes è una delle giovani attrici più richieste a Hollywood. A quindici anni ricopriva già un ruolo da protagonista nei panni della fragile Beth in Piccole donne, a 16 veniva lanciata artisticamente al fianco di Leonardo Di Caprio nella trasposizione cinematografica di Romeo e Giulietta. Poi, passando con disinvoltura in questi anni dalle commedie ai drammi, ai film storici, diretta da Francis Ford Coppola è stata la partner, in tutti i sensi, di Matt Damon, in L’uomo della pioggia. Una piccola consolazione, quella, visto che pochi mesi prima era stata bruciata sul filo di lana da Kate Winslet per interpretare Titanic.
E adesso eccola al fianco di Richard Gere, in questo film in cui, spiega l’attrice, «un agente federale detestato dai superiori per i suoi metodi ai limiti della legalità e prossimo alla pensione, si farà aiutare dalla recluta che ne prenderà il posto, per risolvere il caso di una ragazza misteriosamente scomparsa. I due, alla fine, si troveranno a indagare sul mondo della magia nera e dei predatori sessuali». Siamo nei dintorni dell’America più torbida, insomma, con un Gere invecchiato e un po’ affaticato. «Ma sempre affascinante», dice la Danes, da qualche tempo legata sentimentalmente all’attore Hugh Dance: «Oltre che artista straordinario, Richard è un uomo molto generoso. Nei miei confronti non si è mai tirato indietro. Mi ha dato molti consigli, soprattutto nelle scene d’azione. Ad Hollywood è il più bravo, insieme con Meryl Streep e Robert De Niro, tutta gente con la quale ho avuto l’onore di lavorare».
E la Danes, non si ferma qui. Mentre dichiara ai quattro venti di voler imparare finalmente a cucinare, prossimamente la vedremo in una commedia diretta da Richard Linklater e intitolata Me and Orson Welles, la storia di un ragazzo, interpretato dall’idolo delle teen agers Zac Efron, che nell’America degli anni ’30 viene notato dal regista di Quarto potere, che lo scrittura per una particina nel Giulio Cesare teatrale: «La cosa buffa è che la mia tesi di laurea in storia dell’arte, all’università di Yale, la diedi proprio su Welles - racconta divertita la Danes -. Forse era destino che un giorno o l'altro interpretassi un film su di lui. In fondo è proprio grazie a quell’incontro letterario e cinematografico che mi sono innamorata ancora di più della recitazione. In questo incoraggiata di continuo dai miei genitori, un fotografo e una pittrice».
Un grande amore per il mondo dello spettacolo, dunque. Peccato che la Danes non ami due cose del cinema: «Le scene in notturna, sotto la pioggia e quando fa freddo: una condizione che mi deprime. Quando mi rivedo ripenso ai brividi provati in quell’occasione, non a come ho girato la scena. Inoltre, detesto gli spostamenti. Pur amando viaggiare, fosse per me i film li girerei solo a New York, la città in cui sono nata, nella quale continuo ad abitare e dove ci sono la mia famiglia e tutti gli amici più cari». Un’altra delle tante attrici che a Los Angeles ormai ci va solo per lavorare.

Sembra proprio che le strade di Beverly Hills abbiano perso tutto il loro fascino.

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