Cronaca locale

Isa Danieli e «Ferdinando», la baronessa contro i Savoia

La commedia di Ruccello come specchio di un’epoca

Matteo Failla

Isa Danieli è un’attrice che da sempre avverte il bisogno di cambiare, di esplorare e vivere il teatro nelle sue più diverse espressioni, passando dalla sceneggiata alla commedia di Eduardo De Filippo, dall’avanspettacolo alla Nuova Drammaturgia.
Per lei il giovane pioniere di quest’ultima corrente, Annibale Ruccello, scrisse Ferdinando, storia della baronessa Clotilde rinserrata nel suo palazzo per protesta contro gli invasori Savoia finché arriva il bel nipote Ferdinando a smuovere le acque. A vent’anni dalla scomparsa di Ruccello, e a dieci dalla prima ripresa, Isa Danieli riporta in scena Ferdinando al Teatro Studio.
Ruccello lo scrisse appositamente per lei.
«Avevo letto diversi suoi testi – afferma Isa Danieli – e mi erano piaciuti moltissimo. Un giorno me ne presentò uno molto bello che avrebbe voluto che interpretassi, ma io gli risposi che avrei preferito qualcosa di diverso, che avesse come protagonista un altro tipo di figura femminile: Annibale tornò a scrivere senza che gli dessi alcun consiglio, e partorì il bellissimo personaggio di Clotilde tagliato su misura per me».
E partì dalla battuta finale.
«Sì, evidentemente aveva la storia già ben presente. Quando mi ha presentato il testo ho riconosciuto subito un personaggio che mi rappresentava, un tipo di donna creata pensando alle mie caratteristiche. Durante le prove venimmo a sapere della vittoria del Premio Idi, e questo fu il primo passo che portò ai riconoscimenti ottenuti».
Nel 1986 ci fu il debutto ma, a breve, anche la tragica scomparsa di Ruccello.
«Quando la pièce debuttò vent’anni fa c’era anche lui in Compagnia, ma di lì a breve ci fu la sua scomparsa. Ormai lo spettacolo era in cartellone e dovemmo andare avanti, così fui costretta a sostituirlo. Dopo dieci anni, nel ’96, decidemmo di riprendere la regia esattamente come lui l’aveva lasciata e tornammo in scena con Ferdinando: fu un successo ancora maggiore, il modo migliore per onorare la memoria di Annibale».
La lingua utilizzata sembra avere una forza universale, e il successo che “Ferdinando” ha al Nord lo prova.
«É vero, il testo ha sempre avuto grande successo al Nord. Vent’anni fa eravamo timorosi di presentarlo a Milano, nel teatro che allora si chiamava Pierlombardo (l’attuale Teatro Franco Parenti); invece ricordo che sotto una fitta nevicata assistemmo a una ressa di gente al botteghino: fu un momento indimenticabile. Dopo dieci anni tornammo nello stesso teatro e ci fu ancora un tutto esaurito. Allora avevamo paura che un linguaggio che potremmo definire “ostico”, in parte arcaico, avrebbe potuto inficiare la messa in scena a Milano. Invece ci accorgemmo che la gestualità, la forza delle parole, i momenti passionali, la suspence venivano comunque percepiti dal pubblico.

È per questo che ogni sera il silenzio regna sulle ultime battute e subito dopo in sala risuona un fragoroso applauso».

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