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Israele resiste alla recessione

Di fronte ai crescenti pericoli di recessione, lo Stato ebraico sembra per il momento cavarsela abbastanza bene. Un alto funzionario a Gerusalemme ha dichiarato lunedì che «la crisi mondiale è irrilevante per Israele». È forse un ottimismo eccessivo ma la finanza locale è avvantaggiata dal fatto che Israele non è legato da accordi interbancari, che non c'è stata una sua esposizione bancaria sul mercato dei subprime e che il governo non ha dovuto garantire né i risparmiatori né i fondi pensionistici. La discesa del prezzo del petrolio favorisce l'economia di un Paese che importa tutta la sua energia e allo stesso tempo indebolisce il regime iraniano e la politica minacciosa e trionfalistica del suo presidente più di quanto potrebbe fare un’azione militare.
Colpite sono soprattutto le società hi-tech quotate al Nasdaq di New York, ma la borsa israeliana con un calo del 18% ha sofferto molto meno di quelle estere mentre la moneta locale si è rinforzata nei confronti dell'euro e del dollaro grazie al continuato afflusso di capitali dall'estero in cerca di rifugio soprattutto nei buoni del tesoro governativi.
Preoccupa il governo il riallargarsi del disavanzo nel bilancio con l'estero dopo 5 anni di crescita del Pil (in media del 5%). Rallentata anche la discesa della disoccupazione (da 12 a 6.9% in 4 anni) che è tuttavia vista come un male minore grazie al «cuscino» di 120mila operai stranieri che il governo vorrebbe ridurre con un migliore impiego della mano d'opera locale.
Il Paese continua tuttavia a riporre le sue maggiori speranze per il superamento della crisi nei contributi dei suoi «cervelli». Due esempi significativi. L'entusiasmo per il progetto che dovrebbe diventare operativo nel prossimo anno - sviluppato da Jossi Agassi, uno dei geni dell'industria hi-tech in cooperazione con la Toyota e la Renault - per la messa in circolazione di automobili elettriche, grazie alle detassazioni promesse dal governo, la creazione di una rete di rifornimento energetico e di un sistema di pagamento simile a quello delle schede dei telefoni portatili. Esso potrebbe trasformare Israele (con la sua estensione longitudinale di 400 km e latitudinale di soli 45 e con più di un milione di veicoli in circolazione) in un laboratorio internazionale.
Molto si spera anche nel campo della bioenergia dal successo di società come la Galten Global di Doron Levi e Shlomi Jonas che è riuscita a sviluppare tecniche di sfruttamento di una pianta (Jatropha curcas) che cresce in Africa, Asia, America centrale, non commestibile per l'uomo e gli animali, ma resistente alla siccità e alle malattie. Un primo esperimento condotto nel Ghana ha dimostrato che dai semi di jatropha si può estrarre un quantitativo di biofuel tre volte superiore a quello ottenibile dai semi di soia o di grano su una uguale estensione.

Oltre, naturalmente, ai benefici che l'utilizzazione industriale di questa pianta potrebbe offrire riducendo lo sfruttamento bioenergetico dei prodotti agricoli di grande consumo e contribuendo allo sviluppo dell’economia locale.

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