Varie

Gli italiani assumono il «custode» digitale Obiettivo: la sicurezza

La sfida Amazon, Google, Apple. E spunta un «lampadario-poliziotto» che vede i ladri

Onofrio Lopez

Momo sembra una lampada, ma in realtà è molto di più. È un robot mosso da intelligenza artificiale in grado di connettere in modalità wireless tutte le apparecchiatura smart della casa e, inoltre, è dotato di un dispositivo per il riconoscimento facciale oltreché di sensori di movimento in grado di stabilire se nella nostra abitazione ci siamo noi oppure se vi si sia infiltrato un intruso. Questa tecnologia, tutta italiana, è l'esempio di come la domotica nell'ultimo periodo abbia compiuto un ulteriore salto di qualità, arrivando non solo alla gestione di tutti gli elettrodomestici, ma anche a svolgere la funzione di assistente virtuale in grado di assicurare la sorveglianza del nostro habitat.

Non è un caso, rivela il Politecnico di Milano, che il mercato dell'«Internet delle cose» in Italia abbia raggiunto i 3,7 miliardi di euro nel 2017 con una crescita del 32% rispetto all'anno precedente, trainata dai servizi abilitati dagli oggetti connessi. Questi ultimi valgono ormai 1,25 miliardi di euro, un terzo dell'intero mercato. Ma cosa spinge gli utenti ad affacciarsi in questo mondo e a comprare un accessorio smart? Secondo un'indagine condotta da D-Link su oltre 7.200 intervistati in tutti i Paesi europei, la protezione e la sicurezza della casa sono la priorità numero uno (61% in Europa, 66,7% in Italia), seguita dalla possibilità di monitorare l'abitazione anche da remoto (43% in Europa, 48% in Italia), e di essere avvisati immediatamente in caso si manifesti un potenziale problema (ad esempio una perdita dai tubi 36% in Europa, 48% in Italia) e infine come un modo per risparmiare denaro (28%). Il 53% del campione, infatti, intende acquistare quanto prima un dispositivo di assistenza personale, cioè un hub in grado di interconnettere tutti i device senza fili che abbiamo in casa come Google Home, Apple Homepod e Amazon Echo. In fondo, non è affatto casuale che gli intervistati abbiano indicato tra i dispositivi tecnologici che ritengono necessari in casa le videocamere di sorveglianza (71% in Italia, 78% in Europa), i sensori di movimento (64% in Italia, 70% in Europa), gli allarmi da interno (63% in Italia, 71% in Europa e i termostati e le termovalvole connessi (61% in Italia, 63% in Europa).

Il cambiamento epocale di paradigma interessa anche il mondo delle istituzioni finanziarie, in particolare quello delle assicurazioni che sta spostando il focus dell'insurtech (la tecnologia applicata al comparto) alla cosiddetta preventive insurance, che pone al centro dell'attenzione le attività di tutela e di prevenzione dei rischi. È un ambito che tutti noi abbiamo imparato a conoscere con la «scatola nera» applicata alle nostre vetture, un dispositivo che consente all'assicurazione di valutare la nostra percentuale di responsabilità in eventuali sinistri in cambio di un abbassamento del premio. Ebbene con l'«Internet delle cose» questa prassi si può estendere anche alle nostre case perché un'abitazione «connessa» ci informa immediatamente se abbiamo attivato l'allarme, se ci sono perdite nelle tubazioni e addirittura è in grado di predire eventi meteorologici eccezionali analizzando la qualità del segnale della nostra parabola satellitare. La tecnologia, inoltre, consente di trasferire (e di sottoscrivere) le polizze direttamente via App e di inviare al perito le immagini del danno subito in tempo reale. I dispositivi connessi permettono infatti di rilevare i comportamenti degli utenti in tempo reale, di comprendere le loro abitudini e di assisterli nel momento del bisogno.

Il futuro è già iniziato.

Commenti