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Gli italiani puntano sui fondi e dribblano i Bot a tasso zero

I prodotti azionari hanno reso il 50% in cinque anni Molto gettonate allo sportello anche le polizze vita

Ennio Montagnani

Negli ultimi anni i rendimenti dei titoli di Stato e delle obbligazioni sono scesi sui livelli minimi di sempre (addirittura, nel caso dei Bot e dei Ctz, in negativo) riducendo in modo sensibile l'appeal che questi titoli hanno da sempre sui risparmiatori italiani. Anche per questo le banche, hanno preferito trovare soluzioni alternative capaci di garantire sia rendimenti attraenti sia un'ampia diversificazione di portafoglio anche con piccoli capitali investiti.

Tra le soluzioni proposte ci sono i fondi e i comparti di sicav: negli ultimi 5 anni, quelli a indirizzo azionario hanno saputo generare rendimenti medi del +50,97%, quelli bilanciati il +32,68% e i flessibili il +19,02%. D'altra parte in Italia l'industria bancaria resta al centro del risparmio ed è uscita nel suo insieme a lasciarsi alle spalle la peggiore crisi economica dal Dopoguerra.

Uno dei core business resta quindi quello del risparmio gestito, dove il peso specifico delle banche è sempre stato di assoluto rilievo sebbene negli ultimi 15 anni sia sceso dall'80% del 2003 al 43% del 2016. Occorre però dire che, nel frattempo, il perimetro del patrimonio censito da Assogestioni si è ampliato molto includendo sia le gestioni patrimoniali e assicurative sia molte case d'investimento estere. A questo proposito, se si osserva l'andamento degli ultimi quattro anni, si può constatare come la quota di mercato delle banche sia rimasta stabile, oscillando tra il 43% e i 44%, quella dei gruppi assicurativi dal 28% al 25%, quella degli operatori indipendenti tra il 4% e il 5%, quella delle Poste dal il 3% e il 4% e quella degli asset manager esteri tra il 20% e il 24%.

Se poi si tiene conto che «l'aggregato banche» esclude realtà estere con forti connotati bancari (come Amundi) si può affermare che le banche, per quanto riguarda il risparmio gestito in Italia, contano sempre molto. D'altra parte, la crisi economica ha imposto agli istituti di credito di apporre alcune modifiche al proprio business model. Tra queste, figura la riduzione delle emissioni obbligazionarie a favore della sottoscrizione di fondi comuni e comparti di Sicav estere. Basti pensare che solo 5 anni fa, nel marzo 2012, le emissioni obbligazionarie bancarie ammontavano complessivamente a 600 miliardi mentre ad aprile di quest'anno erano pari a 321 miliardi (-46,5%): più o meno nello stesso arco di tempo, il controvalore del risparmio gestito riconducibile a gruppi bancari è balzato da 516 a 833 miliardi (317 miliardi in più, pari al +61%). Un passaggio di consegna, quello tra obbligazioni e fondi comuni, che è stato trainato da precisi trend che hanno permesso di catturare nuove esigenze delle famiglie del nostro Paese. In primis, per esempio, le società di gestione italiane hanno messo a punto fondi a cedola e a scadenza. Prodotti concepiti per sostituire le obbligazioni e i Btp e, proprio per questo, progettati con portafogli sottostanti investiti in titoli a reddito fisso che scadevano tutti in un preciso momento e che, nel frattempo, liquidavano periodicamente una cedola fissa (del 2%, del 3% o, addirittura, del 4%). Un altro filone gettonato è quello relativo ai fondi flessibili multi asset. Si tratta di fondi che diversificano il portafoglio non soltanto in azioni, obbligazioni e liquidità, ma anche in materie prime, titoli legati all'immobiliare a alle infrastrutture e strategie alternative.

Un modo efficace per ottimizzare il profilo di rischio-rendimento rispetto ai fondi bilanciati classici. Infine, ma non certo per importanza, sono stati annunciati i Piani individuali di risparmio (Pir) che nei primi tre mesi hanno raccolto già 1,1 miliardi e che, in base alle ultime proiezioni, potrebbero arrivare a accumulare flussi di adesione fino a 10 miliardi entro la fine dell'anno.

Per migliorare l'efficienza fiscale, sono state invece promosse le gestioni patrimoniali e, soprattutto, le polizze assicurative di tipo unit linked. Queste ultime innanzitutto sono impignorabili e azzerano la tassazione agli eredi in caso di decesso. In secondo luogo, prevedono il differimento della tassazione sino al momento dello smobilizzo: in pratica permettono di modificare l'asset allocation (in funzione del profilo di rischio dell'investitore e dell'andamento dei mercati e del ciclo economico) evitando di liquidare gli oneri fiscali negli switch. Infatti sia i redditi da capitale che i redditi diversi, non subiscono alcuna ritenuta durante la vita della polizza ma vengono calcolate dalla compagnia: solo quando si chiude il contratto il beneficiario pagherà tutti gli importi dovuti. In parallelo, le banche hanno la necessità di un offrire un miglior servizio allo sportello che, in estrema sintesi, significa garantire una consulenza più puntuale e competente.

A questo proposito, mentre per la clientela retail più giovane e quella con minori disponibilità economiche si sviluppano app e servizi digitali in mobilità gratuiti o a costi forfettari, per la clientela affluent (tra i 50 e i 100mila euro di patrimonio) e quella private (oltre i 100mila euro), il servizio sta diventando sempre più evoluto per offrire soluzioni di investimento globali personalizzate, non soltanto finanziarie ma anche immobiliari e familiari.

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