Cultura e Spettacoli

Jesus Christ Superstar, un sogno lungo 40 anni

Ted Neeley, Gesù, Yvonne Elliman, Maria Maddalena, e Barry Dennen, Pilato ancora insieme in un tour che ripropone la storica rock opera. Una "macchina del tempo" per gli adolescenti di allora

Jesus Christ Superstar, un sogno lungo 40 anni

La prima volta che quegli accordi si sentirono in Italia erano accompagnati dallo stralunato testo di Herbet Pagani «Lei non c'è/ lei non c'è/esce con tutti/ ma non con te» singhiozzava un coro femminile. Chiaramente alludeva a una signorina che non ne voleva sapere della corte del protagonista. Anzi, per meglio chiarire in concetto le stesse voci ripetevano «Non te la darà» avendo come controcanto «Si me la darà» del corteggiatore, respinto ma non rassegnato. L'eleganza forse faceva difetto, ma il motivetto lanciato dai «Flora Fauna & Cemento» nel settembre 1970 ebbe ugualmente un certo successo. Senza che, fischiettandolo per strada, i ragazzi di 44 anni fa potessero immaginare cosa sarebbe arrivato: un doppio album da milioni di copie, ininterrotte repliche in tutti teatri del mondo, incassi miliardari del film uscito tre anni dopo con Ted Neeley, Gesù, Yvonne Elliman, Maddalena, Barry Dennen, Pilato, e soprattutto Carl Anderson, Giuda. Era «Jesus Christ Superstar», il più grande evento «pop» del Novecento. E ora, passati 40 anni, con Anderson morto nel 2004, gli altri sono tornati insieme per un tour italiano dal tutto esaurito.

Certo per chi allora aveva 17 anni (chi scrive, così sgomberiamo subito il campo dagli equivoci) quello fu un momento magico. C'era l'onda della contestazione giovanile, il cambiamento (di cosa non era chiaro, ma pazienza) era dietro l'angolo e tutto sarebbe stato possibile. Anzi si poteva già sfiorare con la punta delle dita. Quel 17enne nel giugno del 1971 prese zaino e sacco a pelo e se ne andò in giro per l'Europa in autostop. Fino a quando capitò in Olanda, dove fu ospite della famiglia di un suo coetaneo, Joseph. Che aveva sempre sul piatto del giradischi un «long playing», come si chiamava allora, che conteneva anche quella canzoncina orecchiata l'anno precedente in un 45 giri. Più tardi scoprirà che due ragazzi inglesi poco più che ventenni, Tim Rice, testi, e Andrew Lloyd Webber, musica, da tempo andavano in cerca di finanziamenti per la loro «rock opera». Trovarono una casa discografica che però, prima di imbarcarsi in una simile impresa, decise di testare il mercato appunto con un «singolo», contenente il motivo principale. Il disco uscì nel 1969, il pubblico ne decretò il successo e si partì per il «doppio 33 giri» con Ian Gillan, Gesù, Murray Head, Giuda, Yvonne Elliman, Maria Maddalena, e Barry Dennen, Pilato.

Ma in quegli anni la globalizzazione era ancora di là da venire e le novità discografiche impiegavano mesi prima di varcare i confini nazionali, manco dovessero muoversi a dorso di mulo. In tutta Europa c'era una sola stazione radio che non solo lanciava le novità, «Radio Luxembourg», ma era tanto potente da essere captata anche in Italia. Anche se solo di sera, quando l'etere era un po' più sgombro. Le ultime uscite venivano registrate, stesa la partitura, scritto un testo in italiano e rilanciate come nulla fosse. Alla faccia dei diritti d'autore.

L'Equipe 84 propose «Bang bang» di «Sonny and Cher», i Dik Dik «Ho spento già la luce», «A Whiter Shade of Pale» dei «Procol Harum», e appunto i «Flora Fauna & Cemento» «Jesus Christ Superstar». Curiosamente proprio nel settembre 1970, mentre oltre Manica usciva invece il doppio con l'intera rock opera. Ma anche quello ci mise i suoi mesi ad arrivare in Italia e quel famoso 17enne l'intera opera non l'aveva mai sentita. Ma quando gli capitò sotto mano, e orecchio, in Olanda, ne rimase folgorato. L'album all'interno aveva tutti i testi e lui li imparò a memoria, giocando con il suo amico Joseph a interpretare i vari ruoli. Spesso improvvisando per strada, tra la perplessità dei passanti più anziani.
E infine nel 1973 il film, per il quale Norman Jewison utilizzò sia la Elliman che Dennen, per poi cavare fuori dal cilindro Neeley e Anderson. Il nostro adolescente, ormai ventenne, si precipitò al cinema e passò i 108 minuti di proiezione canticchiando ogni singola canzone. Poi si precipitò in edicola per seguire gli effetti sull'opinione pubblica. Scoprendo che «Jcs» stava scuotendo il mondo cattolico, con preti che benedicevano le sale cinematografiche dove veniva programmato. Fino a quando si diffuse la voce che Paolo VI l'aveva visto in un proiezione privata e gli era piaciuto molto. Chetando così d'un sol colpo le polemiche. O forse, più probabile, stavano incalzando i cupi anni Settanta. Scanditi da crisi economiche causate dai Paesi arabi (che chiusero i rubinetti del petrolio), attentati palestinesi, azioni armate di gruppi marxisti. Non c'era più modo, tempo e voglia di preoccuparsi se «Jesus Christ Superstar» fosse blasfemo o meno. E così il film, chiuse per sempre quella stagione dei Figli dei Fiori, dell'immaginazione al potere, dei viaggi in India, del «fate l'amore non la guerra». Gli «Anni di Piombo» spazzeranno via sogni e illusioni, riempiendo le strade di sangue.

Ma quel 17enne non si è mai dimenticato di ««Jesus Christ Superstar» e così quando Ted, Yvonne e Barry (Carl no, purtroppo) si sono rimessi insieme, lui è corso a teatro. Come sperasse di veder materializzarsi i sogni della sua giovinezza.

Trovando tanti altri ex adolescenti come lui, che quando Giuda ha attraversato la platea chiedendo a Jesus Christ «Who are you? What have you sacrificed?» sono balzati in piedi come un sol uomo e, alla faccia di reumatismi, borsite, periartrite, cervicali e malanni vari, hanno preso a dimenarsi come ai bei dì andati. Nostalgia canaglia? Si, e allora?

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